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di Luca Pampaloni

 

 

Due definizioni fondamentali.

 

"Vita Indipendente".

  Nel 1992, a Berlino l’assemblea di ENIL – rete europea per la vita indipendente – approvò una risoluzione in cui si stabiliva che si poteva parlare di convegni sulla vita indipendente solo se la maggioranza dei relatori fossero persone con disabilità, e si metteva in guardia contro tutti i tentativi di spacciare per “vita indipendente” cose che non lo sono affatto.   Infatti, vita indipendente non è tanto una modalità di assistenza alla persona – come sostengono politici e burocrati –, ma significa autodeterminazione e autorganizzazione delle persone disabili.

  Il concetto di "vita indipendente" nasce come superamento del termine “autonomia”.  Con quest’ultimo termine, fisiatri e fisioterapisti hanno sempre inteso "far fare alla persona con disabilità, senza l'aiuto di altre persone, tutto ciò che a loro parere essa può fare da sola, anche quando gli sforzi sono tali da non consentirle poi di vivere pienamente una normale vita di relazione".    In sostanza, "pur con difficoltà, una persona riesce a vestirsi da sola; secondo fisiatri e fisioterapisti, deve farlo da sola, anche se ciò le costa uno sforzo tale da giungere già stanca al lavoro; con la vita indipendente, questa persona può ricorrere all'aiuto dell'assistente personale, se reputa più giusto conservare le sue energie per utilizzarle nel lavoro e nel tempo libero".    Quindi, l’autonomia risolve i problemi a chi ha poche disabilità, mentre la vita indipendente è anche per chi ha disabilità consistenti.

  Da alcuni anni, politici burocrati e cosiddetto “mondo della disabilità” propinano come “vita indipendente” le case famiglia e i piccoli istituti.    Si ribadisce che “vita indipendente” è sinonimo di “autodeterminazione”.    Quindi, tali soluzioni non hanno nulla a che vedere con la vita indipendente e costituiscono il tentativo di perpetuare il sistema di potere e profitti sulla pelle dei disabili.

 

Assistenza "personale".

  L’Associazione Vita Indipendente della Toscana individuò subito l’assistenza personale autogestita dal singolo disabile come chiave principale della vita indipendente.

  Già in un documento del 1991, si affermava: "L'assistenza personale consiste nella disponibilità di personale [pagato con soldi della collettività dati al singolo utente] per aiutare la singola persona disabile a compiere quelle operazioniche essa non può fare da sola, nemmeno tramite gli ausili tecnici.  L'assistenza personale risponde ad esigenze non sanitarie, e va rigorosamente distinta da quella infermieristica, che invece fornisce risposte medicalizzanti.   Si può parlare di assistenza personale soltanto se la persona [disabile] ha la possibilità di avere […]: la scelta del proprio assistente, la possibilità di scegliersi l'assistente più appropriato rispetto alle situazioni che di volta in volta si manifestano."

  Già tale definizione pone con chiarezza la distinzione dell’assistenza personale da quella infermieristica.  Inoltre, l’assistenza personale segue la persona e non si limita al domicilio. Quindi, non dobbiamo mai confondere l’assistenza personale con quella domiciliare.

  Introducendo il termine “badante” riferito a chi presta assistenza, la legge Bossi Fini sulla immigrazione ha operato una pesantissima regressione culturale.   Si richiama l’attenzione sul fatto che nella lingua italiana il verbo badare si riferisce prevalentemente alle bestie e non alle persone.

  Tale semplice considerazione dovrebbe essere più che sufficiente a indurre noi disabili a rifiutare categoricamente il termine “badante” riferito a chi ci aiuta.

  Inoltre, l’introduzione del termine “badante” ha avuto l’effetto pratico di accentuare l’individuazione del lavoro di cura come “lavoro per migranti e non per italiani”.    Tutto ciò ha fatto sì che gli enti erogatori del contributo vita indipendente e la Regione si siano sentiti autorizzati a ritenere normale erogare cifre da fame per l’assistenza personale.   Ciò ha provocato l’impossibilità per i disabili di trovare e mantenere alle proprie dipendenze persone valide come assistenti personali.   Infatti, quando si tratta di far fare molte cose estremamente personali, avendo le persone migranti le loro culture e pregiudizi diversi dai nostri, è necessario un periodo di formazione molto più lungo che per gli italiani, e ciò può essere particolarmente difficile per chi ha gravi disabilità ed ha urgenza dell'assistenza personale.

 

 

 

Storia.

  La prima volta documentata che in Italia si utilizza il termine “vita indipendente” riferito ai disabili coincide con la tesi di laurea che Raffaello Belli discusse nel 1985 alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Firenze.

  Nello stesso periodo, Roberto Guerri aveva iniziato a vivere da solo in un appartamento di edilizia popolare messo a disposizione dal Comune di Firenze.    Per coprire le notevoli necessità di assistenza personale di Roberto, lo stesso Comune gli forniva l’aiuto di due obiettori di coscienza al servizio militare obbligatorio e un contributo economico per consentirgli di pagarsi le persone che lo aiutavano quando non disponeva dell’aiuto degli obiettori di coscienza.    Pur col limite della non scelta da parte di Roberto dei giovani in servizio civile chiamati ad aiutarlo, la sua esperienza fu tra le prime messe in pratica in Italia dei princìpi della vita indipendente.

  Nel 1987, a Firenze, con il sostegno della Provincia, Raffaello e Roberto realizzarono il primo convegno in Italia sulla Vita Indipendente.    Tale convegno si svolse a Palazzo Medici Riccardi con la presenza di Judy Heumann – leader del movimento USA per la vita indipendente – e vide la partecipazione di molti disabili.    Faceva una notevole impressione vedere la sala gremita di persone in carrozzina.

  Per la prima volta, i disabili organizzavano in prima persona iniziative in alternativa alle associazioni rappresentative in prevalenza dei familiari dei disabili.    Ciò era il frutto della scolarizzazione dei disabili e del loro inserimento nella scuola di tutti.    E non si può certo dimenticare che tale inserimento fu dovuto alle intuizioni e all’opera instancabile del professor Adriano Milani Comparetti.

  Nella primavera 1989, a Strasburgo – nella sede del Parlamento europeo – Raffaello Belli partecipò all’assemblea costitutiva di ENIL – rete europea per la vita indipendente.

  Il 10 e 11 novembre 1989, si svolse a Roma la prima conferenza europea sulla vita indipendente finanziata dalla CEE.    Oltre alla partecipazione di diversi disabili – tra cui i maggiori esperti a livello internazionale di vita indipendente, la conferenza vide anche la presenza di ministri di vari Paesi europei.

  Due anni dopo, a Roma, molti disabili da tutt’Italia parteciparono all’assemblea costitutiva del comitato italiano di ENIL – in seguito divenuto Enil Italia.    Alcuni disabili della Toscana diedero un importante contributo all’organizzazione di tale assemblea.

  Quando – nel 1992 – la Regione Toscana tentò di ridurre le già esigue possibilità di contributi economici per l’assistenza in forma indiretta, i disabili riuniti nel Comitato tosco-umbro di ENILattuarono un picchettaggio molto duro davanti al Consiglio regionale, riuscendo ad impedire tale paventata riduzione.

  Tuttavia, questa prima vittoria aveva evidenziato la necessità di una migliore e più stabile organizzazione.  Inoltre, occorreva creare un’associazione o una cooperativa che fosse capace poi di gestire l’agenzia per la vita indipendente di cui già si vedeva la necessità.  Così, dopo una discussione in cui fu scartata l’ipotesi di costituire una cooperativa sociale, una ventina di disabili diedero vita all’Associazione Vita Indipendente della Toscana.  Da subito, la nuova associazione si caratterizzò per essere composta e diretta da soli disabili e per essere fondata sulla partecipazione anziché sulla delega.  Pur non disponendo quasi per nulla di assistenti personali, si facevano assemblee o a Firenze o a Pistoia alle quali partecipavano anche disabili dalle altre zone della Toscana.

  Il 26 giugno 1993, dopo forti manifestazioni dell’Associazione Vita Indipendente, per la prima volta, il Consiglio regionale della Toscana approvò all’unanimità una risoluzione che riconosceva la necessità dell’assistenza personale autogestita dai singoli disabili.

  Il 21 dicembre 1993, sempre su pressione dell’Associazione Vita Indipendente, il Consiglio regionale approvò la deliberazione n. 513 che al punto 6 – per la prima volta – impegnava la Giunta a riservare per il successivo anno 1994, una quota da destinare a progetti di tipo sperimentale che garantiscono la vita indipendente ai disabili”.

  Già nel 1993, nelle osservazioni ad una proposta di legge regionale attuativa della l. 104/ 1992, l’Associazione Vita Indipendente della Toscana scriveva: l'erogazione dell'assistenza personale non può correlarsi strettamente alla situazione familiare della persona disabile, poiché ciò significa continuare a scaricare il peso della nostra assistenza sulle persone a noi più vicine e care e il reddito non può essere una variabile da cui far dipendere la erogazione dell'assistenza personale, per più motivi, ma soprattutto per il fatto che in Italia il requisito del reddito serve ad escludere molte persone dalla fruizione di servizi”.

  Ormai, la nostra Associazione aveva ben chiaro che – in tutti i Paesi in cui la vita indipendente funzionava – ciò era possibile grazie all’esistenza di agenzie per la vita indipendente gestite direttamente e autonomamente da disabili con necessità di assistenza personale.   Così, l’Associazione iniziò a chiedere con forza alla Regione Toscana il finanziamento di un progetto per la creazione di un’agenzia per la vita indipendente.    Dopo vari incontri e solleciti, nel corso del 1996 il nuovo assessore alle politiche sociali e alla formazione ci indicò la via della Comunità Europea garantendo che la Regione avrebbe partecipato al cofinanziamento.   Nella primavera 1997, con l’aiuto di una progettista esterna senza apparenti disabilità, presentammo alla Comunità Europea la domanda per il cofinanziamento del progetto “Modello per la costituzione di un’agenzia per la vita indipendente”.    Quando ancora attendevamo la risposta dalla Comunità Europea, fummo costretti a liberarci della suddetta progettista esterna perché voleva la delega a trattare direttamente con Bruxelles bypassando noi disabili dell’Associazione.    Simili comportamenti sono assai frequenti e il non affrontarli con decisione è uno dei problemi più grossi di molte associazioni di disabili.

  L’Associazione Vita Indipendente della Toscana riuscì a riprendere e mantenere i contatti con la Comunità Europea, che a dicembre 1997 approvò il cofinanziamento del nostro progetto “Modello per la costituzione di un’agenzia per la vita indipendente”.    Nei due anni successivi, l’Associazione lavorò intensamente alla realizzazione di tale progetto.   Tra le altre cose, per la prima volta in Europa tenemmo un corso per la formazione di assistenti personali per la vita indipendente di singoli disabili. Questa ed altre azioni progettuali erano propedeutiche alla attivazione dell’agenzia per la vita indipendente.    Con lettera del 21 settembre 1999, l’Associazione comunicava ufficialmente alla Regione Toscana l’apertura al pubblico di tale agenzia dal 27 settembre 1999.    Da quel giorno, l’Associazione Vita Indipendente della Toscana ha fatto sì che l’agenzia fornisca ai singoli disabili consulenze e altri servizi specifici per la vita indipendente, anche se l’assenza di adeguati e costanti finanziamenti ne ha molto limitato il dispiegarsi delle sue potenzialità.

  Nel 1997, l’Associazione Vita Indipendente della Toscana aveva avuto più incontri con l’allora presidente della quarta commissione del Consiglio regionale.    Nell’ultimo incontro, dopo momenti di forte tensione, per la prima volta in Italia, l’Associazione ottenne che nella legge regionale 72 / 1997 “di riordino dei servizi sociali” fosse inserito il contributo per l’assistenza personale per la vita indipendente.

  L’anno successivo, il Parlamento approvò la legge 162/1998 che introduceva a livello nazionale la vita indipendente.    Il relatore di maggioranza di questa legge dichiarò che la nuova legge doveva estendere a tutta Italia ciò che la Toscana aveva sancito per prima.

  Nel 2001, l’Associazione ebbe l’opportunità di presentare all’Amministrazione provinciale di Firenze la richiesta di finanziamento per un nuovo progetto che prevedeva un corso per la formazione di assistenti personali e un seminario rivolto ai disabili sulla propria autoconsapevolezza.    Le due azioni di tale progetto furono realizzate tra il 2003 e il 2005.    L’esperienza acquisita nella realizzazione del progetto del ’97 con l’Unione Europea ci consentì di ottenere risultati migliori, tanto che alcuni allievi del corso per assistenti personali sono rimasti disponibili per svolgere tale lavoro per diversi anni.

  Nel 2004, la Regione Toscana si dotò di un nuovo Statuto.    Sempre grazie alle pressioni e ai contatti dell’Associazione Vita Indipendente con alcuni consiglieri regionali, l’articolo 4 del nuovo Statuto include la vita indipendente tra le finalità prioritarie da perseguire.

  Nel frattempo, l’esigenza di concretizzare il finanziamento dell’assistenza personale per la vita indipendente si faceva sempre più pressante.    Tuttavia, quando – in seguito alle nostre pressioni – la Regione Toscana approvò la delibera 794/2004 avente ad oggetto “Approvazione linee guida per il progetto di sperimentazione dell'assistenza personale finalizzata alla vita indipendente e autodeterminata”, iniziò un periodo molto difficile per l’Associazione e per i disabili che volevano fare vita indipendente.   Infatti, le linee guida approvate con la suddetta delibera prevedevano che i singoli utenti dovessero acconsentire espressamente a che dei burocrati potessero intervistare i loro assistenti personali se volevano percepire il contributo previsto dalla Regione.  Questo fatto provocò una gravissima frattura tra gli utenti disabili.    Essendo evidente che attraverso le interviste ad assi-stenti personali si vengono a sapere molte cose sulla vita personale dei disabili, l’Associazione Vita Indipendente ritenne di non poter accettare tale pesantissima interferenza dei burocrati.  Altri utenti – certo pressati dalle concrete necessità di assistenza personale – accettarono quanto previsto dalla Regione e finirono per staccarsi dalla nostra associazione.