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  Al genere formalmente maschile, utilizzato nel presente scritto, va attribuito un significato concretamente neutro, nel senso da attribuirgli un contenuto sia maschile che femminile.

 

Il diritto

  Oltre al buon senso, diversi atti giuridici – anche molto importanti – individuano la vita indipendente come diritto fondamentale per le persone con disabilità.  Quando poi si è nella cd. situazione di gravità, quasi sempre l’assistenza personale è cruciale.  Pertanto, essa deve essere garantita come un diritto concreto tutelabile anche davanti al giudice. Di conseguenza da parte della Repubblica non è accettabile, neppure per legge, limitarsi a destinare una determinata cifra per la vita indipendente e poi, se si tratta di una cifra insufficiente, chi rimane fuori si arrangia.

  Viceversa, si tratta di creare un assegno mensile che costituisca un diritto soggettivo perfetto e concretamente esigibile dalla persona con disabilità, nel senso che – se un organo della Repubblica riconosce alla persona con disabilità la necessità di assistenza personale per la vita indipendente e poi la Repubblica dà a quella persona con disabilità poco o niente per questo scopo – deve essere concretamente possibile andare davanti al giudice per ottenere ciò di cui si ha necessità e diritto.  Ovvero, non va più stabilito per legge in astratto che si tratta di un diritto ma poi regolamentare la cosa in modo tale che il giudice non può intervenire a garanzia della persona con disabilità o può farlo solo in circostanze eccezionali.

  Va altresì tenuto nella dovuta considerazione che da parte dell'Unione Europea, nella COM(2021) 101 final Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo "Un'Unione dell'uguaglianza: strategia per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030", sono stabiliti numerosi precetti e priorità in tema di vita indipendente. E la Presidente dell’Unione Europea Ursula von der Leyen inizia detta Comunicazione con le parole: “Le persone con disabilità hanno diritto a buone condizioni sul posto di lavoro, a una vita indipendente…”.  Da questo, fra l’altro, deriva che la Regione Toscana deve fare ogni sforzo per destinare i Fondi Europei alla vita indipendente.

 

Handicap e disabilità

  La Convenzione dell’Onu sui disabili non parla più di handicap ma soltanto di disabili.

  La legge 104/1992 all’art. 39 co. 2 (così come modificato dalla lett. c) del co. 1 dell’art. 1 della legge 162/1998) stabilisce che l-ter) a disciplinare, allo scopo di garantire il diritto ad una vita indipendente alle persone con disabilità permanente e grave limitazione dell'autonomia personale nello svolgimento di una o più funzioni essenziali della vita, non superabili mediante ausili tecnici”.

  Per questi motivi, sarebbe corretto stabilire nella proposta di legge in oggetto che ha titolo di chiedere l’assegno regionale per l’assistenza personale per la vita indipendente soltanto chi è in situazione di disabilità grave.

  Tuttavia, la normativa nazionale italiana non affida a nessun organo della Repubblica il compito di stabilire chi è in situazione di disabilità grave.

  Viceversa, la legge 104 del 1992 stabilisce chi ha il compito di accertare la sussistenza del handicap grave.

  Per questi motivi, nella proposta di legge regionale in oggetto viene stabilito che ha titolo di chiedere l’assegno chi è in situazione di handicap grave.

 

L’assistenza personale

  Di solito per la vita indipendente vengono erogate dalla Repubblica delle cifre determinate a caso, o per altri interessi, e magari uguali per tutte le persone in differenti condizioni, e poi, se non ce la fa, la singola persona con disabilità si deve arrangiare.

  Per garantire davvero il diritto alla vita indipendente ci deve essere il procedimento inverso:

1.     determinare il costo complessivo reale di un’ora di assistenza personale;

2.     stabilire di quante ore di assistenza personale al giorno in media ha necessità la singola persona con disabilità;

3.     moltiplicare questi due fattori tra loro e da ciò determinare la somma mensile che deve essere garantita come diritto alla singola persona con disabilità.

  In questa proposta di legge, il costo orario complessivo per l’assistenza personale per una persona con disabilità grave è individuato in € 20 comprensivo di tutti i costi diretti e indiretti e ogni spesa da sostenere in concreto per l’assistenza personale.  Esso va rivalutato ogni anno con un decreto del Presidente della Regione in base al costo della vita.  Questo costo orario complessivo deve essere superiore a quanto esplicitato in cifre dal CCNL del lavoro domestico, almeno per i seguenti motivi:

a)    a carico della persona con disabilità, oltre alla paga oraria, ci sono: contributi previdenziali e assicurativi, ferie, festività, tredicesima mensilità, malattia, altre assenze, trattamento di fine rapporto;

b)    è un lavoro molto più impegnativo che fare la badante per accompagnare alla morte un anziano;

c)     è necessario fare molta attenzione che la persona con disabilità non cada, o non si faccia male, per esempio negli spostamenti alla/dalla carrozzina, oppure perché cammina con molta difficoltà per cui è necessario fare attenzione che non cada, ecc.;

d)    è necessario che l’assistente personale si ricordi tanti particolari essenziale per far sì che il soggetto possa davvero vivere la propria vita;

e)    se poi la persona con disabilità rimane sola, per alcune o per molte ore, possono venirgli danni anche gravi, se l’assistente personale si dimentica delle cose che deve fare prima di lasciarla da sola;

f)      è fondamentale che, tanto più se ha difficoltà nel linguaggio, la persona con disabilità non debba ripetere sempre le cose che l’assistente personale deve fare;

g)    trascorso un primo periodo non breve di conoscenza, è importante che l’assistente personale abbia le capacità di intuire le esigenze della persona con disabilità;

h)    l’assistente personale deve imparare a capire bene la persona con disabilità che ha difficoltà nel linguaggio;

i)       ci deve essere la capacità di non imporre di fatto, in un modo o in un altro, alla persona con disabilità modi di fare e preferenze che gli sono estranei;

j)      ci vuole gentilezza, a ben maggior ragione perché si tratta di un lavoro in cui si ha a che fare con le necessità più personalissime e privatissime della persona con disabilità, nei confronti delle quali è doveroso il massimissimo rispetto;

k)     l’assistente personale deve avere la capacità di tenere da parte i propri giramenti di scatole, nervosismi ecc., perché aver a che fare con le cose personali, e tanto più personalissime, di una persona è cosa ben diversa dall’aver a che fare con un materasso, con un divano ecc.;

l)       è molto probabile che ci sia la necessità di assistenza personale anche in orari considerati, o da considerarsi, notturni, ad esempio alle 6 di mattina o dopo le 10 di sera;

m)  ci può essere necessità di singole prestazioni di assistenza personale per brevi periodi di tempo, ad esempio 1 ora, 2 ore;

n)    c’è spesso necessità di flessibilità nell’orario dell’assistenza personale perché la vita è varia;

o)    ci può essere necessità di assistenza personale in situazioni e momenti imprevisti, sempre perché la vita è varia e non sempre prevedibile;

p)    come tutti, la persona con disabilità può avere necessità e/o desiderio di andare, e di soggiornare temporaneamente, lontano dalla propria residenza.  In questi casi, la persona con disabilità deve dare una maggior retribuzione e coprire anche le spese di viaggio, vitto e alloggio dell’assistente personale.

  È necessario tener dunque ben presente che è molto impegnativo lavorare come assistente personale per far sì che una persona con disabilità possa autodeterminare pienamente la propria vita.  Perciò, e tanto più nella misura in cui la vita indipendente è un diritto, è doveroso riconoscere a chi fa questo lavoro una retribuzione adeguata.  Innanzitutto nel doveroso ossequio all'art. 36 co. 1, ove si afferma che Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa”.  Se il diritto alla vita indipendente passa dall’assistenza personale, quest’ultima attività deve essere retribuita in maniera adeguata, anche per evitare possibili distorsioni nello svolgimento dell’attività lavorativa.  Inoltre, occorre evitare che le persone scelte per fare l’assistente personale vi rinuncino per motivi meramente economici.

  È necessario tener ben presente che, per consentire a chi ha significative difficoltà di autodeterminare pienamente la propria vita, molto spesso non è affatto sufficiente una sola persona come assistente personale.  Questo per molti motivi:

  • l’assistenza personale è necessaria tutti i giorni dell’anno, mentre chi fa questo lavoro ha pienamente diritto ai giorni liberi, alle ferie, alle malattie e ad altre assenze, anche improvvise se indispensabile. Insomma solo ad esempio, non si può dire ad una persona con disabilità di stare in carrozzina tutta la notte perché l’assistente è ammalata, o non si può dire di non andare in bagno solo perché è il giorno libero dell’assistente oppure non gli si può dire di stare un po’ di giorni senza mangiare e senza bere perché l’assistente è in ferie. Oppure non si può dire alla persona con grave disabilità di stare tutto il giorno a letto nei propri escrementi perché l’assistente personale ha un permesso sindacale, e così via.
  • Anche chi ha consistenti disabilità ha pienamente diritto di svolgere la propria vita attiva per 16/18 ore a giorno come tutti. Non si può dire a nessuno, e quindi neanche ad una persona con grave disabilità di alzarsi ad esempio la mattina alle 9:00 e tornale a letto il pomeriggio alle 4:00 perché finisce la giornata lavorativa dell’assistente.
  • Oppure non si può dire a chi ha gravi disabilità di stare quasi sempre in casa perché un solo assistente personale non ce la può fare a far tutto.
  • Si sottolinea che restrizioni come quelle menzionate qui sopra non vengono imposte neppure agli ergastolani.
  • Per consentire a chi ha consistenti disabilità di autodeterminare la propria vita è indispensabile che l’assistenza personale venga svolta esattamente come dice la persona con disabilità stessa. Non è un privilegio, ma il primo dei diritti fondamentali. Ad esempio anche un ergastolano quando va in bagno fa tutto come vuole lui, oppure si veste come vuole lui, mette in bocca il cibo come vuole lui ecc..  È ampiamente dimostrato che chiunque lavori come assistente personale non può resistere a fare per molte ore come desidera la persona con disabilità. È ciò che scientificamente e molto seriamente viene riconosciuto come “burn-out”.

 

Le condizioni per l’assegno

  In questa proposta di legge viene stabilito che l’assegno è indipendente dall’ISEE, come avviene per l’indennità di accompagnamento, perché, nella realtà concreta della vita vera, l’ISEE è compatibile con la non discriminazione delle persone con disabilità soltanto stabilendo una franchigia per i disabili gravi di svariati milioni di euro; ciò rende l’ISEE concretamente ininfluente per l’erogazione dell’assegno a non meno del 99,999% dei potenziali destinatari.  Quindi, mettere l’ISEE sarebbe un’inammissibile complicazione a carico dei disabili gravi che devono essere fra i primi a beneficiare della semplificazione amministrativa.

  Viene anche stabilito che l’assegno spetta a tutte le età.  Questo perché, quando nasce un bambino con una grave disabilità, per i genitori c’è un impegno molto maggiore del normale.

  Assistenza personale per l’autodeterminazione per un bambino con disabilità non vuol certo dire aiutarlo a fare tutto come vuole lui.  Vuol dire invece che per i genitori aiutare un bambino con difficoltà ad autodeterminare come tutti i bambini la propria vita anche al di fuori dell’asilo o della scuola è molto più impegnativo che se il bambino non avesse quelle difficoltà.  Abbiamo già accennato che è una questione di enorme importanza.  Perciò, è essenziale che ci sia l’assistenza personale necessaria ad aiutare il bambino a superare le maggiori difficoltà per riuscire ad imparare ad essere se stesso. D’altra parte anche qui si tratta di assistenza personale per la vita indipendente perché in misura adeguata all’età il bambino va aiutato ad imparare ad autodeterminare i propri giochi, le proprie piccole/grandi scelte ecc.. Per esempio, tornando a casa dal lavoro, dopo aver preso il bambino a scuola o all’asilo, mentre fanno le loro cose, i genitori danno al bambino un gioco che lui impara a capire per crescere. Un bambino disabile può avere necessità di aiuto costante per scoprire quel gioco per crescere. E così è certamente un diritto fondamentale per un bambino disabile essere accompagnato a un giardino pubblico, ad una piscina estiva ecc. e poter giocare in condizioni di parità con gli altri bambini, ma richiede un impegno ben maggiore per i genitori.  Perciò, ci vuole l’assistenza personale.

  È ovviamentecruciale che il bambino con disabilità venga fatto crescere con le stesse attenzioni dei genitori e secondo le scelte, anche estremamente particolari, volute da loro.  Per questi motivi, ed entro detti ambiti, l’assistenza personale per la vita indipendenteva riconosciuta come diritto fondamentale anche per i bambini.

  Inoltre, per un anziano – pure in decadenza e anche per allungargli la vita – è essenziale che, per ciò che non è patologico nella singola situazione, venga aiutato per le proprie necessità, esigenze, aspirazioni e piaceri come vuole lui.

  In questa proposta di legge viene stabilito che l’assegno spetti ai disabili gravi di qualsiasi tipo.  Ovvero, chi ha gravi disabilità mentali o psichiche ha necessità e diritto ad una assistenza personale diversa da chi ha difficoltà fisiche o sensoriali, ma con l’assistenza personale giusta anche queste persone possono autodeterminare la propria vita in maniera importante.  Solo ad esempio, se non c’è la capacità di determinare tutta la spesa quotidiana da sé, questo non vuol dire che non ci sia la capacità di determinare una serie di preferenze e desideri per la spesa, per uscire di casa, per la vita da fare in casa ecc..  Oppure, se ci sono delle crisi temporanee, questo non toglie che tale persona non possa utilizzare la propria intelligenza per vivere in casa propria, per fare la spesa, per viaggiare ecc., a condizione che ci sia un assistente personale che l’aiuta nel modo opportuno nei momenti di difficoltà.

 

Chi decide

  Quando c’è una disabilità grave, l’assistenza personale è indispensabile prima di tutto per il concreto esercizio di diritti personalissimi e assolutamente inviolabili.  Tanto per limitarsi ad un esempio fra mille, un ergastolano la notte si gira nel letto quante volte vuole oppure durante la doccia tocca il proprio corpo come vuole lui, mentre queste cose non vengono garantite a una persona con disabilità a cui viene negato il finanziamento necessario per un’assistenza personale adeguata.  Oppure, sempre ad esempio, lo stesso discorso vale per il fatto che una persona cd. normodotata la domenica pomeriggio decide da sé se stare in casa oppure andare a fare una passeggiata, mentre una persona con disabilità grave può fare questa scelta soltanto se ha fondi sufficienti per l’assistenza personale.

  Pertanto, se si volesse e si potesse realizzare davvero l’eguaglianza, dovrebbe essere la persona con disabilità stessa a decidere da solo di quanta assistenza personale ha necessità.  Per vari motivi, attualmente questo è impossibile.

  Per altri motivi, non è neppure il caso di lasciare questa decisione ad un’unica altra persona, ad esempio l’assistente sociale.

  Per di più la burocrazia e le complicazioni della vita a carico delle persone con disabilità sono talmente notevoli che non è davvero il caso di istituire un’altra commissione a tale scopo.

  Questa proposta di legge affida tale compito alla Commissione di cui all’articolo 4 della legge 104 del 1992.  Questo perché:

a)    è una Commissione che esiste già;

b)    è stabilita da una legge nazionale;

c)     dalle decisioni positive di questa Commissione scaturiscono già diritti soggettivi perfetti per le persone con disabilità;

d)    è già previsto dalla normativa nazionale che la persona con disabilità venga ascoltata personalmente dalla Commissione prima della decisione;

e)    è già previsto dalla normativa nazionale che la persona con disabilità possa farsi accompagnare davanti alla Commissione da una persona di propria fiducia.

 

Prigionia o libertà

  Il fatto è che, se tale Commissione (o chiunque altro con il potere di assegnare i fondi per l’assistenza personale) attribuisce a una persona con grave disabilità ad esempio 1 ora di assistenza personale al giorno, di fatto costringe quella persona ad una prigionia peggiore di quella riservata a chi viene condannato al carcere duro (lo si può dimostrare in dettaglio).  Sennonché, tale ultimo tipo di condanna si subisce soltanto a seguito di una decisione di più giudici e di una serie di garanzie.  Viceversa, se alla persona con disabilità viene assegnata un’adeguata assistenza personale, seguendo la definizione che l’ONU dà della disabilità, ne consegue che quella persona non è quasi più disabile.  Di conseguenza, nella realtà concreta della vita, la Commissione ha un potere enorme sulla vita di chi ha necessità di assistenza personale per la vita indipendente.

  In altre parole, se ci sono precise garanzie giuridiche prima di una condanna al carcere duro, a maggior ragione devono esserci una serie di garanzie per evitare una pesante condanna di fatto ad una persona con grave disabilità che ha commesso il solo “reato” di esistere.  Per questo, ovvero per via della fallibilità umana, è indispensabile mettere una serie di paletti all’operare di detta Commissione.

  In primo luogo, è stato autorevolmente sostenuto che la vita indipendente è una “rivoluzione copernicana” nel campo della disabilità.  In estrema sintesi e senza nessuna demagogia, si può seriamente sostenere che realizzare fino in fondo la vita indipendentesarebbe quasi non essere più disabili. È quindi necessario che i componenti della Commissione vengano preliminarmente preparati a conoscere e capire che cos’è veramente la vita indipendente e quali difficoltà devono essere superate per non morire prima dell’inevitabile.

  La vita indipendente sposta un po’, o anche più di un po’, le decisioni riguardanti la vita personale o personalissima di chi ha talune difficoltà.  Pertanto, detta preparazione sulla vita indipendente deve essere estesa anche ai giudici tutelari e agli amministratori di sostegno.

  Inoltre, per tutti gli altri tipi di decisione che vengono prese dalla Commissione, è già stabilito per legge che la persona con disabilità può farsi accompagnare da un medico di sua fiducia.  Questa proposta di legge stabilisce che tale persona può farsi accompagnare da 2 persone di propria fiducia.  Quindi, non è affatto detto che siano medici, ad esempio possono essere altre persone con disabilità che svolgono attività di “consiglieri alla pari”, oppure avvocati, amici ecc..  Questo perché in primo luogo è fondamentale che la Commissione venga messa in condizione di capire qual è veramente la situazione specifica.  In secondo luogo, perché per vari motivi importanti, la persona con disabilità può avere difficoltà ad esprimere le proprie necessità davanti alla Commissione.

  Nella proposta di legge vengono poi indicati dei tempi burocratici precisi che devono essere rispettati per attribuire alla singola persona con disabilità le risorse finanziarie necessarie per vivere come tutti.

  Inoltre, il procedimento che la Commissione deve seguire è sostanzialmente diviso in due parti.  Nella prima fase, la Commissione deve accertare quali sono le incapacità di quella singola persona con disabilità.  Nella seconda fase, la Commissione deve quantificare questo in ore di assistenza personale.  In sintesi, queste due fasi sono il punto cruciale nel quale si concentra un enorme potere della Commissione, ed è soprattutto qui che vanno messi dei paletti.

  Infatti, se la legge qui proposta si limitasse soltanto a stabilire che la Commissione deve individuare le ore di assistenza personale per la singola persona con disabilità, ci sarebbe sostanzialmente concentrato nelle sue mani il potere decisionale fra carcere duro e libertà per la singola persona con disabilità.

  Perciò, nella proposta di legge in esame sono previste 5 classi di assistenza personale.

  Semplificando il ragionamento, tanto per spiegarsi, si può fare un semplice esempio.

  Supponiamo che una persona con grave disabilità vada davanti alla Commissione dicendo che gli serve assistenza personale perché non gli riesce sdraiarsi sul letto e alzarsi.

  Nella prima fase, la Commissione deve accertare se questo è vero, è un punto delicatissimo sottolineato in tutta la letteratura internazionale sulla vita indipendente.  Su questo, per ridurre il rischio di errori da parte della Commissione, in subordine alla capacità della persona con disabilità di farsi intendere, i paletti posti nella proposta di legge in esame sono la preparazione della Commissione in tema di vita indipendente e le persone che accompagnano la persona con disabilità.  È evidente che questo è un potere enorme della Commissione: se si convincono che la persona con disabilità può farcela da solo mentre ciò non corrisponde alla realtà, ne consegue che l’ergastolano ha la garanzia che la mattina si alza comunque dal proprio giaciglio e la sera si sdraia comunque su di esso, mentre a quella persona con grave disabilità viene negata questa garanzia e viene lasciato in enormi difficoltà davanti alle quali non vengono costretti neanche gli animali.

  Poi si passa alla seconda fase del compito della Commissione.  Una volta accertata la necessità di quel tipo di assistenza personale per quella persona con disabilità, la Commissione deve quantificarla in ore.  Anche questa fase è delicatissima e può comportare rischi molto seri per una persona con grave disabilità.  Ad esempio, se per uscire di casa la mattina il presidente della Commissione si prepara in mezz’ora, e per questo anche alla persona con disabilità viene riconosciuta a priori mezz’ora di assistenza personale per la mattina, ne consegue l’impossibilità per la persona con disabilità di vivere decentemente e quindi il più a lungo possibile. Oppure, anche se alla persona con disabilità viene riconosciuto il doppio del tempo necessario al presidente, purtroppo è molto probabile che anche questo sia largamente insufficiente, e in concreto significhi incatenare la persona con disabilità.

  Nella proposta di legge qui in esame, per limitare il rischio che la Commissione faccia questo tipi di errori, si individuano delle Classi di assistenza personale.  Ad esempio, se la Commissione verifica che la persona con disabilità da se stessa non può “uscire di casa e/o fare la spesa”, ne consegue automaticamente che alla persona con disabilità deve essere assegnata la Classe 1, cioè 4 ore al giorno di assistenza personale.  E così via.

  In tal modo, nella proposta di legge in esame, si cerca anche di rendere concreto il diritto alla assistenza personale, e quindi alla vita indipendente.

  Innanzitutto, se non ci fosse il paletto delle Classi, la Commissione avrebbe un ampissimo potere di assegnare alla singola persona con disabilità un numero di ore di assistenza personale largamente insufficiente.

  Inoltre, con le Classi, la singola Commissione conserverebbe comunque una certa discrezionalità nello stabilire se, per restare nell’esempio di prima, quella singola persona con disabilità può o meno “uscire di casa e/o fare la spesa” da sé.  Ma poi, una volta accertato ciò, in qualunque zona della Regione sia, la Commissione dovrebbe comunque assegnare 4 ore di assistenza personale, e quindi si ridurrebbero le inammissibili differenze di trattamento che ci sono fra le varie zone della Toscana.

  Poiché la proposta di legge in esame stabilisce che si tratta di un diritto, ne consegue che – se approvata – la persona con disabilità insoddisfatta può rivolgersi al giudice.  Il giudice nomina un perito che accerta se quella persona con disabilità non può fare certe cose.  Poi però, magari su indicazioni del perito, il giudice deve decidere quante ore di assistenza personale sono necessarie alla persona con disabilità.  Ma, se nella legge non ci fosse alcuna indicazione in proposito, per il giudice sarebbe difficile trovare una norma a cui agganciarsi per assegnare a quella persona con disabilità un numero di ore adeguato di assistenza personale.  E, senza Classi, ogni giudice dovrebbe fare di testa propria nell’ambito della sua umana fallibilità.

 

Centro di incontri e consulenze per la vita indipendente e suoi compiti

  Per molti motivi, è impossibile per le persone con disabilità autodeterminare la propria vita senza avere a disposizione un “Centro di incontri e consulenze per la vita indipendente”.  Da un lato, Centri del genere possono funzionare assai poco senza finanziamenti.  Dall’altra però, per quanto è dato di sapere, è impossibile avere finanziamenti pubblici istituzionalizzati e continuativi senza essere controllati e condizionati da un organismo pubblico.  Il fatto è che non ci può davvero essere vita indipendente se i Centri preposti a tal fine vengono condizionati da enti pubblici.  Per questo, nell’ambito della normativa vigente, per sostenere la vita indipendente sono stati previsti Enti del Terzo Settore.  Infatti, questi Enti possono:

·        autodirigersi totalmente;

·        costituire al loro interno agenzie ecc. per la vita indipendente;

·        provare ad attingere a vari finanziamenti in modo da ridurre al minimo o azzerare i condizionamenti esterni.

 

  In questa proposta di legge, i compiti di tali Centri non vengono stabiliti in dettaglio perché detti compiti devono essere assolutamente autodeterminati e diretti dalle persone con disabilità che fanno parte di questi Centri.  Inoltre, tali compiti possono e debbono essere cambiati nel tempo.  Se per cambiare questi compiti dovesse essere cambiata la legge, si instaurerebbero procedure talmente rigide e complicate da essere incompatibili con il fatto che detti Centri hanno direttamente a che fare con i diritti inviolabili delle persone.  Infine, i compiti di tali Centri sono molto più complessi che limitarsi ai consiglieri alla pari.  Sono anche molti altri i compiti essenziali per consentire e sostenere la vita indipendente.

 

Altre precisazioni

  In tema di Classi, è previsto anche che in talune situazioni per alcune ore possano essere necessari due assistenti personali in contemporanea, per esempio quando una persona con disabilità fisica è molto pesante e/o molto rigida.

  Le parole "partecipazione alla vita culturale e ricreativa, agli svaghi ed allo sport" sono le stesse identiche utilizzate dalla Convenzione ONU sui disabili.

  Viene anche previsto che è necessaria più assistenza personale quando una donna con disabilità diventa madre e quando in famiglia ci sono dei figli minorenni.

  È poi previsto che gli assistenti personali siano gestiti secondo i canoni della vita indipendente e che da parte loro vi sia il dovuto rispetto per la privacy del soggetto.  Il fatto è che, durante la loro attività lavorativa, gli assistenti personali vengono a conoscere complessivamente una quantità di cose personalissime del soggetto (con disabilità) molto maggiori di quanto una qualsiasi altra attività lavorativa consente di conoscere di un qualunque soggetto. Perciò è stabilito che tutto quanto gli assistenti personali vengono a conoscere durante la loro attività lavorativa costituisce “dato sensibile”. E il mancato rispetto di questo consente il licenziamento del lavoratore per “giusta causa”.

  È anche previsto che durante eventuali ricorsi, che venissero fatti dalla persona con disabilità, viene comunque erogato regolarmente l’assegno eventualmente stabilito dalla Commissione in attesa dell’esito finale del ricorso.

  Nella proposta di legge non viene previsto che la persona con disabilità possa solo assumere alle proprie dipendenze in maniera continuativa un assistente personale.  Possono esserci altri tipo di rapporti di lavoro regolari rispetto a quello delle colf.  Per esempio, pensando a talune difficoltà mentali, in una singola situazione per necessità specifiche potrebbe essere meglio un contratto con una cooperativa, o con un’altra impresa, magari scritto adeguatamente da un avvocato, in modo che la singola persona con disabilità possa avere adeguata assistenza personale in condizioni migliori di quello che potrebbe fare da sé.  Inoltre, anche per chi autogestisce completamente da sé la propria assistenza personale, ci possono essere e ci sono necessità che fuoriescono dal CCNL delle colf.

  Infine, ma non meno rilevante, vi è la doverosità di agevolare al massimo gli adempimenti burocratici a carico di chi ha gravi disabilità.  L’argomento è talmente importante che, ad esempio, nelle istruzioni del Modello 730 (righi E8-E10 codice 15) è previsto espressamente che ai fini Irpef la rendicontazione può essere anche senza rapporto di lavoro continuativo alle dipendenze del soggetto, per esempio su carta bianca con qualche formalità.

 

La rendicontazione

  Se, ad esempio (a parte la pandemia) una domenica, anziché stare in casa, una persona cd. normodotata decide di andare a fare una passeggiata in campagna o al mare, questa persona non deve rendicontare niente a nessuno.

  Purtroppo, per una serie di motivi, per ora è necessario che la persona con disabilità rendiconti che ha speso per l’assistenza personale il denaro ricevuto; quindi di fatto, nel complesso, la persona con disabilità deve rendicontare anche il denaro speso per andare a prendere una boccata d’aria o a prendere il pane.  Il che è oggettivamente una condizione di inferiorità non di poco conto.

  Nella proposta di legge in esame, si indica che la rendicontazione avvenga nel mese di gennaio di ogni anno per tutto l’anno precedente.  Si indica la rendicontazione annuale perché le spese di assistenza personale possono variare da un periodo ad un altro nell’arco dell’anno.  Ad esempio, la persona con disabilità può desiderare o avere necessità di uscire di più in estate che in inverno.  Oppure in certi periodi dell’anno può dover pagare le ferie ai propri assistenti personali e al tempo stesso retribuire altri assistenti personali in sostituzione.  Oppure ancora, la persona con disabilità può aver necessità di andare a determinati corsi, rassegne ecc. in certi periodi dell’anno, e così via.

  C’è poi il fatto che (per esempio perché un’assistente personale si ammala oppure chiede brevi periodi di ferie, o per imprevisti nella vita della persona con disabilità, o per esigenze brevissime) a volte la persona con disabilità può aver necessità improvvisamente di ulteriore assistenza personale.  In tali casi, è già “fortuna” se è possibile trovare subito assistenti personali adeguati; ed esigere la rendicontazione della spesa può significare chiedere l’impossibile alla persona con disabilità.  Perciò, in questa proposta di legge, viene stabilito che una parte dell’assegno per l’assistenza personale può non essere rendicontata.

  Inoltre, se ad una persona con disabilità vengono assegnate 4 ore al giorno di assistenza personale, è più probabile che abbia necessità di altra assistenza occasionale al di fuori di quella ordinaria.  E, se l’assistente ordinario va in ferie o si ammala per qualche giorno, di sicuro è necessaria una sostituzione.

  Viceversa, se, ad esempio, ad una persona con disabilità vengono assegnate 16 ore al giorno di assistenza personale, è meno probabile che gli capitino necessità assistenziali al di fuori di queste ore.  E ancora, con 16 ore di assistenza personale al giorno, di sicuro quella persona con disabilità avrà più assistenti personali; quindi, se uno di questi manca per malattia o per ferie, è probabile che gli altri assistenti ordinari possano organizzarsi in modo da essere loro, come lavoro straordinario, a sostituire l’assistente temporaneamente mancante.

  D’altra parte, le spese di mantenimento degli assistenti personali (più difficili da rendicontare) sono maggiori per chi ha più ore di assistenza personale.  Perciò, abbiamo previsto una non rendicontabilità sia in percentuale che in cifra fissa.