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Diritto, assistenza personale e valutazione dell'UVM

di Raffaello Belli
Firenze, Palazzo Guadagni Strozzi Sacrati, 14 dicembre 2012

Capisco che oggi parlare di diritto è come essere Renzo che va da Azzeccagarbugli.
Il fatto è che, se si dimentica il diritto, da un lato i disabili sono tra i primi a soccombere. E dall'altro, a forza di restringere la cerchia di chi si salva, si va a finire nell'autodistruzione per tutti.
Venendo dunque al diritto, fra gli addetti ai lavori, è noto che c'è la cosiddetta “gerarchia delle norme”, con la Costituzione al primo posto. E, all'interno della Costituzione, c'è la gerarchia dei valori, al cui vertice ci sono gli articoli 2 e 3 della Costituzione.
Nell'art. 2 Cost. i diritti fondamentali dell'uomo vengono classificati come inviolabili. Da un lato essi sono riconosciuti a tutti gli esseri umani, ed in ogni caso a tutti ii cittadini. E dall'altra l'inviolabilità sta a significare che, fatti salvi i limiti stabiliti dalla Costituzione, nessuno può mettere ulteriori limitazioni alla possibilità di esercitare e/o godere di tali diritti. Non può stabilire limitazioni in tal senso neppure il Parlamento, e neanche in sede di revisione costituzionale. Questo a significare l'importanza che, nel vigente quadro giuridico, hanno taluni diritti fondamentali.

 Ovviamente, se limiti in tal senso non possono esser stabiliti dal Parlamento, a ben maggior ragione non possono essere introdotti da altre assemblee elettive, quali il consiglio regionale o il consiglio comunale. E, ancor più ovviamente, limitazioni in tal senso non possono essere poste da decisioni di organi esecutivi, quali il Governo, la giunta regionale o la giunta comunale.
I precetti egualitari imposti dall'art. 3 Cost. tolgono qualsiasi dubbio sul fatto che anche i disabili hanno pienamente titolo di esercitare in concreto i suddetti diritti inviolabili. E il diritto dei disabili in tal senso non viene minimamente meno per via del fatto che queste persone possono avere necessità dell'altrui aiuto per esercitare in concreto dette libertà inviolabili. Infatti gli artt. 2-3 Cost. sono pienamente impregnati di solidarietà ed eguaglianza quali dovere fondante ed elemento caratterizzante della Repubblica. Tant'è che la Corte costituzionale, fin dalla sua prima sentenza, ha ben chiarito l'immediata precettività del co. 2 art. 3 Cost.
Va anche chiarito che l'orientamento nettamente prevalente intende i “diritti inviolabili dell'uomo” dell'art. 2 Cost. come clausola aperta.
In ogni caso si può arrivare a delle conclusioni di rilievo anche “limitandosi” ai diritti espressamente elencati come inviolabili nella Prima Parte della Costituzione. Salvo aggiungere che in ogni caso la clausola dell'inviolabilità non può valere per tutte le esigenze dei disabili, ma soltanto per quelle riconducibili, direttamente o nell'ambito della “clausola aperta”, ai diritti previsti come tali dalla Costituzione.
Leggendo la Prima Parte della Costituzione, all'art. 13 troviamo che “la libertà personale è inviolabile”. Fra le molte facoltà, che rientrano nella libertà personale, ci sono senz'altro quella di alzarsi la mattina con un certo margine di libertà, un analogo margine di libertà nell'ora in cui coricarsi la sera, fare la doccia quando se ne ha voglia e necessità, poter uscire di casa quando se ne ha voglia o necessità, incontrare altre persone sempre ogni qualvolta se ne ha voglia o necessità, e così via. Moltissime altre facoltà potrebbero essere aggiunte a questo breve elenco. In ogni caso è agevole, o forse tautologico, dire che senza libertà personale si è in prigione.
È fin troppo banale ricordare, ad esempio, che in prigione, mi dicono, la sera si è costretti a coricarsi all'ora in cui vengono spente le luci per decisione dell'autorità competente.
Il fatto è che chi ha gravi disabilità non può esercitare tutte o alcune delle facoltà, che rientrano nella libertà personale, senza adeguata assistenza personale, laddove l'adeguatezza ne comprende la qualità, la quantità e l'articolazione. Così che, ad esempio, un disabile grave, che ha l'assistenza personale soltanto alle nove di mattina, non può evidentemente alzarsi prima. Così come, se costui o costei, ha l'assistenza personale soltanto fino alle otto di sera, anche in piena estate è costretto ad andare a letto a quell'ora con il sole ancora alto sull'orizzonte. Oppure, se l'assistenza personale è insufficiente, si può essere costretti a fare la doccia molto più raramente di quanto si vorrebbe, ci si può trovare nell'impossibilità di incontrare altre persone come si vorrebbe, e così via. Insomma non troppo diversamente da chi si trova recluso in carcere.
Subito dopo nella Costituzione si trova l'art. 14 secondo il quale il “domicilio è inviolabile”. Dell'inviolabilità del domicilio fa sicuramente parte che persone sgradite non possano interferire nell'ambito del domicilio. Purtroppo, quando l'assistenza personale è indispensabile in maniera rilevante, è impossibile evitare l'altrui presenza nel proprio domicilio. Alla luce dell'inviolabilità diventa però allora indispensabile che tale presenza si limiti al necessario e non avvenga in maniera sgradita al soggetto titolare del domicilio. Perciò si può dire che vi è violazione del domicilio quando al disabile grave vengono imposti controlli non necessari per quanto riguarda la propria vita in casa. Parimenti vi è violazione del domicilio quando il disabile viene costretto a farsi aiutare da persone con cui non si trova bene, con le quali non riesce perciò a vivere tutte le proprie esigenze. È insomma evidente che, quando si è in casa propria, ma non si riesce a viverci pienamente secondo le proprie necessità per via di presenze sgradite, vi è una violazione o limitazione del domicilio.
Perciò tutto l'argomento dell'assistenza personale a chi ha gravi disabilità deve essere trattato con estrema cautela e con il minimo indispensabile di invasività, per non violare l'intimità del soggetto.
Subito dopo, nell'art. 15 Cost., la libertà e la segretezza della corrispondenza sono inviolabili. Laddove libertà e segretezza sono interdipendenti perché l'assenza di qualunque delle due pregiudica l'altra. Perciò, quando le difficoltà della persona sono tali per cui è necessario l'aiuto altrui per la corrispondenza, è indispensabile che tale aiuto venga prestato in maniera tale da non violare la libertà e la segretezza.
Questo sembra esplicarsi sotto due punti di vista. Da un alto l'assistenza a tal fine deve essere in quantità sufficienti da non limitare la possibilità concreta di comunicare con gli altri. Vi è insomma una grave limitazione della libertà di corrispondenza quando il disabile non può comunicare senza l'aiuto altrui, e l'aiuto altrui è così scarso che il disabile può comunicare con altri soltanto in misura estremamente limitata, per non dire sporadica.
Parimenti non vi è libertà nella corrispondenza se il disabile è costretto a farsi aiutare a tal fine da una persona attraverso la quale non riesce ad esprimere tutto ciò che vorrebbe.
Oppure, ma qui si andrebbe nel patologico, non vi è la libertà nella corrispondenza se il disabile è costretto a farsi aiutare da una persona che non rispetta la riservatezza.
Anche per questi ulteriori motivi deve essere estrema la cautela nel valutare le necessità di assistenza personale dei disabili.
È vero che, con i moderni strumenti elettronici, chi ha gravi disabilità può essere molto più autosufficiente di prima nel comunicare con gli atri. Però molte volte l'assistenza personale è comunque necessaria, se non altro per far sì che la comunicazione non avvenga in maniera molto più rallentata di quanto accade comunemente e di quanto è possibile.
Nell'art. 16 Cost. c'è la libertà di circolazione e di soggiorno. Chiaramente questa libertà è limitata dagli impegni lavorativi, scolastici, familiari e dalle possibilità economiche. È però estremamente evidente che per i disabili gravi molto spesso tale libertà è limitata in maniera molto più consistente per l'insufficienza e l'inadeguatezza dell'assistenza personale. Tutto ciò è reso evidente dal fatto che, basta andare in giro in città, nei negozi, nei locali di spettacolo ecc., per rendersi conto che di disabili gravi se ne vedono molti meno di quanto dovrebbe essere se venisse rispettata la proporzione rispetto a quanti disabili ci sono nella popolazione. Insomma, quando l'assistenza personale è insufficiente, questa lacuna incide anche su un'altra libertà fondamentale ed inviolabile qual è quella di circolazione.
Subito dopo, negli artt. 17-18 Cost., ci sono le libertà di riunione e di associazione. È evidente che, per via dei normali impegni della vita, anche le persone normodotate possono trovarsi nell'impossibilità di esercitare le libertà di riunione e di associazione per quanto vorrebbero. Però non vi è ombra di dubbio che, l'insufficienza dell'assistenza personale, pone i disabili in una impossibilità ben maggiore di partecipare alle riunione o alle associazioni. Per essere ancora più precisi: in un certo numero di volte, chi ha gravi disabilità potrebbe anche riuscire a partecipare ad un riunione o ad una associazione, ma a tal fine deve superare difficoltà ben maggiori di quelle a cui si trova di fronte chi è normodotato. Per cui, conseguentemente, chi è disabile si trova molto più scoraggiato degli altri nella possibilità di muoversi da casa.
E quindi, nel valutare la quantità e la qualità di assistenza personale a disposizione di un disabile, è doveroso tener conto che ci sono di mezzo queste libertà inviolabili.
Tornando alle cautele, che devono circondare la valutazione da parte dell'UVM, ad esempio, se un disabile grave necessita di una data assistenza personale per partecipare all'attività di una determinata associazione politica, è evidente che la necessità di questa assistenza personale non può essere valutata da chicchessia, e quindi neanche dall'UVM. Infatti è sicuramente insindacabile il desiderio di un disabile grave di partecipare ad una riunione politica o alla vita di una determinata associazione.
Considerazioni analoghe valgono per la libertà di religione tutelata dall'art. 18 Cost.
Infine, ma forse più importante di tutte, vi è il “diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero” di cui all'art. 21 Cost. In proposito valgono considerazioni per molti versi analoghe a quelle fatte qui sopra a proposito della corrispondenza. Salvo aggiungere che secondo qualcuno la libertà di manifestare il proprio pensiero è quella più importante di tutte nella Costituzione .
In proposito va anche aggiunto che è stato chiarito come di questa libertà faccia parte anche la facoltà di formarsi liberamente il proprio pensiero. Insomma la libertà di accedere liberamente a biblioteche, a dibattiti ed incontri culturali, politici ecc. Come pure di questa libertà fa parte anche la facoltà di poter scrivere articoli, lettere, libri, ecc. Anche qui agevolazioni non indifferenti possono venire dai moderni strumenti elettronici. Tuttavia, per molti disabili, è comunque necessaria un'adeguata assistenza personale per poter manifestare il proprio pensiero con la stessa libertà che viene assicurata a chi è normodotato.
Da tutto questo consegue che, quando viene presentata la richiesta di assistenza personale all'UVM, da un punto di vista prettamente giuridico è sicuramente legittimo che l'UVM valuti la richiesta del disabile per tutto ciò che riguarda la cosiddetta “qualità della vita”. Ma non è sicuramente legittimo che l'UVM valuti (insomma sindachi sul) le richieste di assistenza personale necessarie al disabile per esercitare i propri diritti inviolabili. A quanto si è scritto fin ora si può aggiungere che sarebbe sicuramente illegittimo far valutare all'UVM la richiesta di assistenza personale necessaria ad un disabile per poter, ad esempio, incontrare tutte le sere almeno cinque minuti la persona che ama.
Si dirà che tutto ciò è ostacolato in maniera decisiva dal fatto che le risorse sono limitate, ed è quindi necessario “far quadrare il cerchio”. Il fatto è che, quando ci viene detto che le risorse sono limitate, viene fatto riferimento non alle intere risorse a disposizione della società, bensì ci si riferisce alle risorse che la maggioranza politica, dominante in quel momento, decide di destinare alla disabilità (1). In altre parole, a seguito dell'inviolabilità che l'art. 2 Cost. attribuisce ai diritti fondamentali, le persone normodotate possono esercitare concretamente tali diritti senza che esse vengano limitate dalle maggioranze politiche. Viceversa i disabili possono esercitare dette libertà soltanto nella misura che viene consentita dalle risorse destinate a ciò dalle maggioranza politiche. A esempio, in questo momento, non è affatto vero che non ci sono in assoluto sufficienti risorse per la disabilità. Il fatto è che il Governo Monti, in ossequio alle scelte politiche dei partiti che lo appoggiano, ha deciso, ad esempio, di non mettere la tassa sui grandi patrimoni. Non c'è dubbio che le scelte politiche rientrano tra le facoltà pienamente legittime di chi ha il relativo potere. Però le scelte politiche diventano illegittime nel momento in cui limitano la possibilità di esercitare quelle libertà che la Costituzione qualifica come inviolabili.
Ed è evidente che, far dipendere le libertà inviolabili dalle scelte politiche, pone i disabili, in una grave ed insanabile condizione di inferiorità giuridica. Il legislatore ha cercato di porre un piccolo rimedio a ciò con la legge 67 del 2006 sulla non discriminazione dei disabili. Tuttavia una lunga strada è ancora da percorrere in proposito.
È pure evidente che, davanti a tutto ciò, i funzionari ed i dirigenti onesti ed intelligenti dei vari enti locali possono anche dire: “Ok, avete ragione, però noi ci troviamo ad operare in un quadro giuridico che ci pone una serie di paletti”.
In primo luogo da tutto ciò deriva un preciso dovere giuridico della Regione di esercitare il proprio potere legislativo per far sì che tali paletti siano conformi alla Costituzione.
In secondo luogo i funzionari ed i dirigenti appena menzionati hanno il preciso dovere giuridico, in ogni giorno ed in ogni momento della propria attività, di fare ogni sforzo possibile per interpretare ed applicare le norme giuridiche di dettaglio in maniera conforme alla Costituzione. E, se ci si impegna con onestà ed intelligenza in tal senso, sono possibili importanti passi avanti.

(1) Servizi per le libertà: diritto assoluto o interesse diffuso?, in "Giur. cost.", 1987, (6), parte I, 1638-1639;