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di Raffaello Belli

L’importanza della materia

La Costituzione non tutela in maniera diretta il diritto alle vacanze. Infatti il co.3 art. 36 Cost. tratta di diritto alle ferie, ma non viene affatto specificato che queste non possano essere godute a casa propria.
Nella Costituzione vi è tuttavia una tutela, diciamo così, indiretta del diritto alle vacanze.
In primo luogo la libertà di circolazione di cui al co. 1 art. 16 Cost. e di sicuro pure il diritto alla salute dell’art. 32 Cost. Questo perché molti tipi di vacanze possono incidere positivamente, anche in maniera molto rilevante, sullo stato di salute.
Si rileva poi che viene spesso osservato correttamente che il diritto alle ferie citato qui sopra è finalizzato in maniera prioritaria, fra l’altro, al riposo. Molto spesso questo riposo avviene in maniera decisamente migliore in vacanza.
Infine, ma sicuramente in prima linea per quanto riguarda chi è costretto a vivere da disabile, ci sono l’eguaglianza e la non discriminazione dell’art. 3 Cost. Laddove i termini della comparazione sono coloro, che sono costretti a rinunciare alle vacanze per via della disabilità, e le persone normodotate, che vanno in vacanza (anche solo per qualche giorno).
Inoltre per le persone costrette a vivere da disabili le vacanze possano essere più importanti che per molte altre persone normodotate per diversi motivi:
  1. per chi è costretto a vivere da disabile può essere più difficile che per altre persone riuscire a fare delle vacanze non brevissime;
  2. sempre per chi è costretto a vivere da disabile può essere più difficile che per le altre persone riuscire a fare anche vacanze brevissime, pure di un solo giorno;
  3. per chi ha certe difficoltà, se riesce ad andare autonomamente anche solo per poche ore in qualche posto di vacanza vicino a casa, può trattarsi ugualmente di un impresa inutile, o che da meno soddisfazione che alle altre persone. Infatti, se si tratta di località piacevoli, è verosimile che siano piene di auto, e per chi ha tali difficoltà (a differenza di chi è normodotato), anche se riesce a guidare da sé, in mancanza dell’assistente personale (e la realtà nettamente prevalente è che l’assistenza personale è ampiamente insufficiente), dover parcheggiare lontano dai punti piacevoli può essere privo di ogni soddisfazione. Insomma tanto vale stare a casa;
  4. in molti parchi, giardini, ecc., pubblici o aperti al pubblico, di fatto c’è il divieto d’accesso ai disabili privi di adeguato assistente personale o di adeguata carrozzina elettrica;
  5. considerazioni analoghe valgono per quanto riguarda le varie feste, sagre ecc. Nel senso che, per chi ha talune difficoltà, pur con la capacità di guidare l’auto, senza adeguata assistenza personale può essere praticamente impossibile concedersi una giornata o alcune ore di svago e di riposo nelle varie feste e sagre. Questo perché la quantità di persone, che di solito è presente a queste iniziative, impedisce materialmente di avvicinarsi con l’auto ai punti di maggiore interesse;
  6. quasi sempre, durante l'anno, le persone costrette a vivere da disabile si trovano ad affrontare molte più privazioni nella libertà personale quotidiana di quanto accade per chi appare normodotato. Dunque può essere più importante che mai riuscire ad avere un periodo di vacanze a propria misura;
  7. di solito le persone costrette alla disabilità si trovano a dover vivere una vita più isolata degli altri;
  8. queste persone molto spesso hanno parecchie meno possibilità degli altri di uscire di casa per le attività più diverse;
  9. parimenti, anche se per loro sarebbe un piacere, hanno meno possibilità di godersi la natura perché gli ambienti naturali accessibili sono pochissimi rispetto al totale, il che viene aggravato notevolmente, e spesso in maniera decisiva, dalla mancanza di assistenza personale;
  10. fra l'altro chi è costretto a vivere da disabile può incontrare moltissime difficoltà, o trovarsi nell'impossibilità, di poter fare delle passeggiate nella natura;
  11. anche in molte metropoli un aspetto importante del, seppur residuale, rapporto con la natura può essere quello di sdraiarsi in un prato. Per chi ha determinate difficoltà può trattarsi di un attività impossibile o molto difficile, da svolgere pure per l'insufficienza e/o l'inadeguatezza dell'assistenza personale;
  12. chi è costretto a vivere da disabile ha molte meno possibilità di chi appare normodotato di potere uscire di casa per andare ad assistere a spettacoli;
  13. più in generale chi è costretto a vivere da disabile ha meno opportunità di chi è normodotato di svolgere attività fisica.
Da tutti questi motivi elencati, se non si dimostra che sono privi di fondamento, ne consegue che molto spesso per chi è costretto a vivere da disabile può essere più importante che per molte persone normodotate poter fare delle vacanze durante le quali riesce ad essere se stessi/e.

Le vacanze facendo da sé

Quando si hanno determinate difficoltà fisiche-psichiche-mentali-sensoriali, se si riesce a trovare un contesto con una determinata accessibilità, per alcune persone può essere anche possibile fare vacanze pienamente soddisfacenti in maniera autonoma, cioè facendo le cose da se stessi. Salvo sottolineare che, quando si è da solo/a, di solito avere la piena accessibilità è ancora più importante.

L’accessibilità

Molto spesso, quando ci sono delle difficoltà fisiche-psichiche-mentali-sensoriali, il primo problema da affrontare per andare in vacanza è quello dell’accessibilità.
L’entità del problema cambia, ovviamente, a seconda delle difficoltà del soggetto e a seconda del tipo di vacanza che vuol fare.
Inoltre, si ripete, questo argomento di solito è ancora più importante nel caso in cui il soggetto “disabile” riesca ad andare in vacanza facendo da sé.
Va poi considerato che c’è chi sceglie, o si trova costretto, ad andare in vacanza sempre nel solito posto. In questo caso, evidentemente, il problema dell’accessibilità è molto più semplice perché va affrontato una sola volta per tutte. Però, se si ritorna sempre al solito posto, può essere più importante che mai trovare una situazione pienamente accessibile.
La questione diventa molto più complicata quando la persona “disabile” prende in considerazione il fatto che su questo pianeta ci sono molti luoghi meravigliosi e quindi desidera ogni volta andare in vacanza in un posto diverso.
Uno dei primissimi problemi da affrontare è l’accessibilità dell’alloggio (che in queste pagine viene inteso in senso lato, includendovi cioè appartamenti, alberghi, campeggi agriturismi ecc.), e qui si possono incontrare le prime, e spesso prevalenti, difficoltà. Infatti gli alloggi accessibili di solito sono pochi, e molto spesso costano di più. E questo mentre, di regola, il “disabile” ha un reddito inferiore a chi appare normodotato.
Un ulteriore problema è dato dal fatto che non poche volte l’accessibilità non è indicata, per esempio in molti viaggi organizzati oppure negli scambi di alloggio. A questo va aggiunto, spesso ancora più importante, il fatto che l’indicazione dell’accessibilità, anche la dove esiste, risolve ben poco.
Prima di tutto perché spesso l’accessibilità è realizzata male o solo per modo di dire. In secondo luogo perché l’accessibilità cambia a seconda delle difficoltà del soggetto, per cui un alloggio accessibile per chi ha certe difficoltà può non esserlo per chi ne ha altre. Per questi motivi è sempre necessario contattare l’alloggio individuato per cercare di capire la situazione reale, e questo comporta almeno tre problemi:
  • è una faccenda sempre molto più impegnativa di quanto necessario alle persone “normodotate”, che organizzano la propria vacanza;
  • può essere difficile riuscire a capire come stanno veramente le cose, cioè quali barriere ci sono veramente nella realtà, e questo può richiedere tempo e fatica al “disabile”;
  • spesso può essere necessario cercare l’accessibilità vera fra più strutture e questo complica moltissimo le cose in termini di fatica, tempo, e a volte costi.
Va poi considerata un’altra difficoltà fondamentale. Anche nel migliore dei casi nella realtà dell’alloggio prescelto l’accessibilità non è quasi mai piena e ottimale per il singolo “disabile” concreto. Questo vuol dire che in vacanza chi è costretto a vivere da disabile deve quasi sempre fare delle rinunce in termini prima di tutto di libertà personale. Si accenna solo al fatto che qualche volta anche in vacanza può trattarsi di rinunce che, prese in se stesse, possono essere persino maggiori di quelle a cui è costretto un ergastolano. Ad esempio suppongo che un ergastolano possa andare al wc quando vuole, mentre, in vacanza più che a casa propria, il “disabile” può trovarsi costretto ad andare al wc solo quando può l’assistente personale.
Questo è un grosso elemento di discriminazione nei confronti di chi è costretto a vivere da disabile. Infatti, di solito, chi appare normodotato, quando va in vacanza più o meno riesce ad avere certe comodità, o comunque è sicuramente costretto a meno rinunce, in termini di libertà personale, rispetto a chi è costretto a vivere da disabile.
Un altro problema, che si trova ad affrontare il “disabile”, è l’accessibilità dell’ambiente circostante. Nel senso che il “disabile” l’alloggio “accessibile” lo deve trovare in un ambiente circostante che sia come minimo ”accessibile”. Cioè a dire, ad esempio, se il “disabile” desidera andare al mare, non solo deve trovare l’alloggio accessibile a costi accettabili, ma deve anche trovarlo in un posto dove le spiagge e il mare siano in qualche modo accessibili. Oppure, se il “disabile” desidera andare in montagna, deve sobbarcarsi anche l’ardua impresa di trovare l’alloggio “accessibile” in un posto in cui ci siano percorsi accessibili. E così altrettanto se il “disabile” vuol visitare una qualche città. Ad esempio, a una persona “normodotata” può essere sufficiente trovare un alloggio accettabile in tale località. Viceversa, per un “disabile” nella deambulazione non basta assolutamente affrontare l’impresa di trovare un hotel “accessibile”. E’ anche necessario affrontare il problema di come spostarsi nella/e località dove si intende fare la vacanza. In particolare è necessario verificare se i mezzi di trasporto pubblico sono accessibili, se l’ambiente circostante è accessibile. In aggiunta, o in alternativa, a tutto questo, è necessario decidere se è opportuno e possibile avere un assistente personale capace di camminare a piedi a lungo.
Anche sotto questo aspetto è notevole la situazione di maggiori difficoltà, che si trova costretto a vivere il “disabile”.
Per di più, anche se il disabile riesce a trovare un alloggio “accessibile” in un contesto circostante “accessibile”, quasi sempre l’accessibilità dell’ambiente circostante è fra virgolette. Nel senso che quasi mai tutto l’ambiente circostante è pienissimamente accessibile, e quindi quasi sempre il “disabile” anche sotto questo profilo deve fare delle rinunce in più rispetto a chi appare normodotato.
In termini di accessibilità un ulteriore problema, che può trovarsi ad affrontare chi è costretto a vivere da disabile è quello dell’accessibilità dei mezzi di trasporto per arrivare nel luogo o nei luoghi (se si tratta di un viaggio) della vacanza.

Le vacanze con l’assistente personale

In molte altre situazioni, parimenti importanti, può essere impossibili fare una vacanza autodeterminata, senza l'assistenza personale. Si precisa subito che, quasi sempre, nel migliore dei casi, chi è costretto a vivere da disabile, riesce ad avere un solo/a assistente personale per le vacanze. In realtà però spesso ce ne vorrebbero almeno due. Per una maggiore aderenza alla realtà concreta, in questo scritto si fa riferimento all'assistente personale singolo, inteso sia al maschile che al femminile.
Come per la vita di tutti i giorni, o forse di più (?), può essere complicato per un “disabile” trovare un assistente personale per le vacanze.
La cosa è molto più semplice se il “disabile” riesce ad andare in vacanza sempre con lo/a stesso/a assistente personale. Può essere più semplice anche se il/la “disabile” rinuncia in misura più o meno rilevante a se stesso/a (al proprio modo di essere, a ciò che gli/le piacerebbe fare ecc.) e, pur di andare in vacanza, si adatta all’assistente personale.
Premesso che, purtroppo, un minimo di adattamento all’assistente personale è sempre necessario, le cose si possono fare molto più complicate se tutti gli anni (o quasi) il disabile deve cercare un assistente personale per la propria vacanza autodeterminata, cioè secondo i propri (del “disabile”) gusti, preferenze, esigenze ecc. In tal caso, per trovare l’assistente personale, da parte del “disabile” vanno affrontate una serie di difficoltà, che qui si esaminano brevemente, non in ordine di importanza e senza alcuna pretesa di esaustività.

Assistente personale prudente

In generale è importante che l'assistente personale sia prudente durante la vacanza del “disabile”, se non altro perché l'imprudenza quasi sempre viene pagata soprattutto dal soggetto della vacanza. Tuttavia è indispensabile che la prudenza non voglia dire paura e soprattutto non voglia dire farsi soffocare dalla paura. Questo per vari motivi.
Innanzitutto perché il rischio fa parte di qualsiasi vita. In secondo luogo perché, quando si hanno determinate difficoltà, nell'attuale società è impossibile vivere la vita senza rischiare. In terzo luogo perché la persona costretta a vivere da disabile può avere la legittima esigenza di viversi pienissimamente la propria vacanza. Quindi, se l'assistente personale si fa condizionare in maniera rilevante dalla paura, la vacanza del soggetto è rovinata: non è più una vacanza, ma è come stare in istituto o in prigione.
Salvo precisare che in parte è inevitabile che la paura dell’assistente personale, quando è rilevante, condizioni inevitabilmente la vacanza del “disabile”. Ma queste conseguenze negative in parte dipendono anche da quanto il “disabile” si fa condizionare da dette paure dell’assistente personale.

Assistente personale con difficoltà psichiche

Può capitare di avere un'assistente personale con delle difficoltà psichiche.
In primo luogo, per vari motivi, nel cercare l’assistente personale, può non essere facile per il soggetto della vacanza capire che il candidato ha determinate difficoltà.
In secondo luogo spesso le persone con queste difficoltà sono particolarmente brave nello svolgere i propri compiti di assistenza personale. Non mi dilungo qui su tutti i motivi di questo aspetto. Accenno solo al fatto che, per l'assistente personale (con difficoltà psichiche) il “disabile” da aiutare può diventare una persona di enorme importanza, un grosso punto d riferimento, perfino un persona in cui immedesimarsi.
Il fatto è però che, per quanto riguarda una vacanza, è particolarmente importante che il “disabile” presti particolare attenzione a queste difficoltà del potenziale assistente personale perché si tratta di un rapporto continuativo fra assistente personale e “disabile” per molti giorni, per cui è particolarmente quasi impossibile che non saltino fuori le difficoltà dell'assistente personale.

L’ignoranza dell’assistente personale

E' necessario sottolineare che chi ostenta la propria fede (e non è detto che si tratti di fede necessariamente religiosa) molto spesso, purtroppo, crede di avere la verità in tasca, crede insomma di sapere tutto. Viceversa, per riuscire davvero ad aiutare una persona a vivere da non disabile, è necessario consentirle di vivere tutte le proprie peculiarità (esigenze, preferenze, vizi, ecc.). Perciò è necessario il totale ascolto verso queste persone. Per chi vuole svolgere questo lavoro è insomma indispensabile avere bene in testa il concetto di Socrate “so di non sapere” ed essere capaci di empatia.
A questo va aggiunto che spesso, per le fedi, l'ignoranza dei propri aderenti è molto importante. Infatti, grazie all'ignoranza, è più facile avere l'obbedienza. A questo va aggiunto che, di conseguenza, tanto più una fede fa capo ad un’organizzazione, che è centro di potere, e tanto più importante è l'ignoranza dei propri aderenti.
Il fatto è però che l'ignoranza impedisce di essere dei bravi assistenti personali. In altre parole l'ignoranza rende incapaci di aiutare gli altri ad essere se stessi. Questo almeno per due motivi. Se chi vuole fare l'assistente personale ignora, ovvero non conosce, certe strutture basilari della vita, non può capire le esigenze di una persona con determinate difficoltà. Il tutto è poi aggravato dal fatto che all'ignorante chi è “disabile” appare più vulnerabile. Inoltre l'ignoranza può essere dovuta alla poca abitudine ad utilizzare il cervello. Sennonché il cervello è come una qualsiasi altra parte del corpo umano: se non si è abituati ad utilizzarlo, si trovano poi molte più difficoltà a farlo.
Il fatto è però che, per capire veramente le necessità di chi ha determinate difficoltà, e per riuscire a rispettare le esigenze di queste persone, ci vuole una notevole capacità di utilizzare il cervello. Dunque, per questi due motivi, è necessario fare molta attenzione ad evitare persone ignoranti nello scegliere il proprio assistente personale per tutte le attività della propria vita e, forse più che mai, per le proprie vacanze. In altre parole se, per le proprie vacanze, ricorre (o si trova costretto a ricorrere) a persone ignoranti, è molto probabile che chi ha certe difficoltà fisiche-psichiche-mentali-sensoriali debba obbedire alle esigenze, e quindi anche alla poca intelligenza, dell'assistente.
E' necessaria molta chiarezza su due questioni.
Non si vuol affatto dire che ostentare la propria fede voglia dire essere necessariamente ignorante. Si può trattare invece di un campanello di allarme in più a cui prestare attenzione da parte del “disabile”. Forse si potrebbe solo accennare che, essere un bravo assistente personale per l’autodeterminazione di un “disabile” grave, potrebbe essere un segnale molto affidabile della propria reale statura interiore.
Tutto questo non deve però minimamente togliere la dovuta importanza alla necessità di fare molta attenzione al fatto che una grande ignoranza si può trovare anche fra chi non aderisce ad alcuna fede.
In ogni caso, per poter fare una vacanza veramente autodeterminata e con numerose attività, è necessario che il “disabile” riesca a trovare un/a assistente personale intelligente.
Questo anche per altri motivi. Chi è intelligente è meno probabile che sia disonesto perché può capire meglio i veri valori della vita, che sfuggono ad altri. Inoltre con l’intelligenza è meno probabile che ci siano pregiudizi verso chi è costretto a vivere da disabile. Ed è più probabile che nell’assistente personale ci siano più capacità di mettere da parte almeno una parte del proprio io. In modo cioè da riuscire a mettersi il più possibile nei panni del disabile.
In altre parole, se l’assistente personale è intelligente è più probabile che riesca a capire che anche il/la “disabile” ha la propria intelligenza. Ed è più probabile che riesca a capire le esigenze del/la “disabile”. Meglio poi se capisce anche le esigenze più profonde.
Non è necessariamente detto, ma è più probabile che, con il tempo, l’intelligenza dell’assistente personale sia un aiuto decisivo ad essere gentile verso il “disabile”. In proposito, nel ritenere essenziale la gentilezza dell’assistente personale, non si vuol essere troppo esigenti. Al contrario si considera che, di solito, quando fa le cose per se stessa, una persona normodotata non è scortese con se stessa. Ed è quindi un diritto del disabile vedere che tutto ciò che riguarda la propria persona viene trattato con la normale gentilezza.
Se l’assistente personale è intelligente è più probabile che provi soddisfazione nel capire che, grazie al suo lavoro, il “disabile” riesce ad essere se stesso/a nella propria vacanza.
Sempre l’intelligenza dell’assistente personale può essere preziosa per evitare la schiavitù nei confronti del senso del pudore, sapendo però conciliare questo col rispetto per il senso del pudore del disabile.
Infine, ma non meno importante, è probabile che l’intelligenza sia un notevole aiuto per far si che l’assistente personale rispetti tutto quanto concordato con il/la “disabile”.
Va osservato che, come tutte le altre capacità umane, anche l’intelligenza può essere coltivata. Inoltre è importante osservare che, per essere un bravo assistente personale, non è certo necessaria una intelligenza stratosferica, si può anche dire che può bastare non essere stupidi. Può essere significativo osservare quanto accadde per il secondo corso per assistenti personali, che, come Associazione Vita Indipendente per la Toscana facemmo intorno all’anno 2000. Per l’ammissione dei partecipanti al corso facemmo una selezione semplice. Inoltre il corso fu relativamente molto breve, e cioè 40ore in tutto. E il corso riguardava qual è il corretto atteggiamento che va tenuto dagli assistenti personali. Ebbene, alla fine del corso, quasi tutti i partecipanti risultarono essere ottime/i assistenti personali.

Entusiasmo e voler bene al “disabile”

Per aiutare una persona con determinate difficoltà a fare la propria vacanza autodeterminata, in realtà è necessario che l’assistente personale sia almeno un po’ felice (per lo meno in quel periodo). Si tratta quindi di un lavoro che l'assistente personale non può fare bene senza un minimo di entusiasmo. In altre parole si tratta di un lavoro che non può essere fatto bene se l'assistente personale è poco capace di saper voler bene al prossimo.
E qui non mi dilungo in generale sull'importantissimo tema di cosa può voler dire “saper voler bene al prossimo”. Mi limito a rilevare che l’assistente personale deve saper provare almeno un po’ di piacere se il “disabile” è felice.
Si può anche osservare con rilievo che, tanto più l'assistente è ignorante, tanto più trova soddisfazione nel vedere che la persona (costretta a vivere da disabile) gli obbedisce. Viceversa, tanto più l'assistente personale è abituata ad utilizzare il cervello, tanto più trova soddisfazione nel vedere che il proprio lavoro serve a far sì che una persona con determinate difficoltà riesce vivere pienamente la propria vita, senza cioè essere disabile.
Si può anche dire che, se si è abituati ad utilizzare l'intelligenza, aiutare una persona a non vivere da disabile può dare molta più soddisfazione che, ad esempio, aiutare un potente a distruggere la vita altrui. Sennonché, al mondo d'oggi, la scala dei valori dominanti è tragicamente quella opposta.
Va anche tenuto presente che lavorare per una vacanza autodeterminata di un “disabile” può essere una esperienza piacevole e interessante anche per l’assistente personale. Questo sia perché può darsi, o è probabile (?), che il “disabile” vada in luoghi piacevoli. E sia perché l’assistente personale può imparare molte cose (su com’è il mondo, su com’è la vita, in definitiva anche su se stesso) nel vedere e/o vivere come un disabile riesce ad autodeterminare una propria vacanza, e quindi momenti piacevoli della propria vita.

I pericoli con l’assistente personale

Soprattutto in Gran Bretagna e negli Stati Uniti alcuni testi mettono in guardia i “disabili” dai rischi che possono correre in certi momenti con gli assistenti personali o con chi vorrebbe fare questo lavoro. In via del tutto esemplificativa si menziona che questi rischi possono riguardare furti, violenze, maltrattamenti, rifiuto di aiutare il/la “disabile” in momenti in cui quest’ultima persona non può fare diversamente.
Questi pericoli esistono anche per l’assistente personale per la vacanza autodeterminata.
Si tralasciano qui i rischi del primo contatto con il potenziale assistente personale perché questi sono identici a quelli per i potenziali assistenti personali di cui usufruire nella propria vita quotidiana. Per quanto riguarda le vacanza i rischi, qui sopra menzionati, per alcuni versi possono essere minori, per molti altri versi sono maggiori.
Per quanto riguarda i rischi, che sono minori in vacanza, si può accennare al fatto, che, se il “disabile” riesce ad urlare e dorme in una camera di albergo, nel caso in cui l’assistente personale tenti una qualche violenza in camera, se si mette ad urlare può darsi che il “disabile” possa essere sentito con più facilità da chi è nelle camere accanto. Parimenti, se, sempre ad esempio, l’assistente personale tenta una qualche violenza quando il “disabile” è su una spiaggia o in una piazza cittadina, può darsi che per il “disabile” sia meno difficile chiedere l’aiuto di altre persone.
Viceversa, durante le vacanze, in caso di assistente personale sbagliato, i rischi per il “disabile” possono essere maggiori per altri motivi.
In particolare, e senza alcuna esaustività, questi rischi possono essere maggiori se, ad esempio, viene presa come alloggio un’abitazione, o una tenda, isolata. Oppure per il “disabile” in vacanza nascondere i propri soldi all’assistente personale può essere impossibile o molto più difficile che a casa propria.
Parimenti, se nella vacanza l’assistente personale sta con il “disabile” 24 ore su 24, da un lato ci sono molte opportunità nelle quali possono essere esercitati la violenza, il furto o il sopruso. Dall’altro una permanenza ravvicinata può creare con più facilità delle tensioni, e quindi delle occasioni di violenza.
Qualora l’assistente personale abbia dei comportamenti molto scorretti o violenti durante le vacanze, la situazione per il “disabile” può farsi molto più difficile che a casa propria. Infatti, di solito, nella propria abitazione il “disabile”, almeno per un minimo, è più autosufficiente che in vacanza. Inoltre nel luogo dove vive abitualmente è probabile che il “disabile” abbia maggiori contatti con persone di fiducia a cui potersi rivolgere in situazioni di emergenza.
Per tutti questi motivi, nell’organizzare una propria vacanza autodeterminata, è necessario che il “disabile” faccia attenzione anche a ridurre al minimo il rischio di prendere un assistente personale capace di fatti del genere.

La privacy

Quando va in vacanza ricorrendo all’aiuto dell’assistente personale, quasi sempre il “disabile” si trova costretto a molte rinunce in termini di privacy. Rinunce infinitamente più grandi di quelle a cui è costretta una persona normodotata, che va in vacanza insieme ad uno o più amici.
Si accenna soltanto al fatto che la privacy è un diritto fondamentale e perciò inviolabile di ogni individuo.
Le rinunce che il “disabile” deve fare in termini di privacy possono essere tanto più grandi quanto maggiori sono le difficoltà fisiche-psichiche-mentali-sensoriali del soggetto. Inoltre le rinunce in termini di privacy per il “disabile” (in misura più o meno rilevante a seconda delle difficoltà) dipendono anche da quanto il soggetto si fa aiutare. Nel senso che il “disabile” a volte può anche “scegliere” di non farsi aiutare su alcune cose per non trovarsi costretto a talune rinunce in termini di privacy. Però questo, per il/la “disabile”, può voler dire dover rinunciare ad essere pienamente se stesso/a.
Va anche rilevato che le rinunce in termini di privacy alle quali il disabile può essere costretto in vacanza possono essere maggiori di quelle a cui si è costretti a casa propria. Questo per il motivo accennato poco sopra, e cioè che di regola l’alloggio e l’ambiente circostante della vacanza sono meno accessibili dell’ambiente in cui si vive normalmente.
Vanno poi rilevati anche altri due elementi in tema di privacy, che interessano sia per quanto riguarda la vacanza che per quando il disabile vive a casa propria.
Il primo elemento è che le rinunce in termini di privacy possono essere tanto maggiori quanto più spesso si è costretti a cambiare gli assistenti personali.
L’altro elemento in termini di rinuncia alla privacy è dato dal tempo e dalle capacità che si possono dedicare alla ricerca degli assistenti personali, nonché dalla pazienza e dalla fortuna, che si hanno. Infatti alcuni assistenti personali sono più capaci di altri di rispettare la privacy del soggetto “disabile”.
Perciò è molto importante riuscire a trovare un assistente personale che abbia il più possibile la capacità di mantenere il segreto con chicchessia (anche con il proprio partner) per tutto quello che viene a conoscere il materia di privacy del soggetto “disabile”.
Infine, ma non meno importante, tanto più a lungo si riescono a tenere gli stessi assistenti personali tanto maggiore può essere il rispetto per la privacy del “disabile”. Quindi, per le vacanze, tanto più si riesce ad andare in vacanza con lo stesso assistente personale, tanto maggiore può essere il rispetto per la privacy del “disabile”.

Ulteriori problemi in tema di assistenza personale per le vacanze

In primo luogo è necessario trovare una persona che sia disponibile ad accompagnare quello specifico “disabile” (con quelle difficoltà e quel carattere) in vacanza. A questo va aggiunto che tale persona deve essere disponibile in un periodo che va bene per il soggetto. Oltre al fatto che vi deve essere la disponibilità dell’assistente ad andare nel luogo scelto dal “disabile”.
Altro elemento da considerare è che è necessario trovare un assistente personale a cui va bene una retribuzione sostenibile per il disabile. Il problema può essere di notevole importanza perché, trattandosi di un impegno di non poco conto, ci può voler poco a schizzare a cifre assolutamente impossibili per il/la singolo/a “disabile”.
Collegato a questo ci può essere il problema di trovare un assistente personale, che, pur aspettandosi giustamente una soluzione alloggiativa e ambientale comoda e pulita, si trovi a proprio agio anche in sistemazioni semplici.
E’ poi necessario riuscire a trovare un assistente personale che abbia la capacità di capire fino in fondo che per il “disabile” è una vacanza, ma per l’assistente è un lavoro, che può essere anche molto impegnativo e stancante. In altre parole, se il “disabile” vuol fare una vacanza intensa, come assistente personale può essere indispensabile avere una persona che sa cosa vuol dire lavorare, è consapevole di cosa significa stancarsi per via del lavoro e capisce che a volte, per lavorare seriamente, non si può evitare di stancarsi.
Naturalmente sta all’intelligenza del “disabile” sia organizzare le cose che avanzare le proprie richieste in modo tale da non far stancare troppo l’assistente personale.
Nella fase preliminare in cui il “disabile” cerca di conoscere il potenziale assistente personale, se questa persona mostra segnali di stanchezza frequenti e/o tipici di taluni anziani, può trattarsi di una persona non idonea allo scopo.
Se il potenziale assistente personale non ha mai lavorato, sia chiaro, può darsi benissimo che vada ugualmente bene, e potrebbe essere un grave errore avere pregiudizi in tal senso. Però può anche darsi che il/la potenziale assistente personale (che non ha mai lavorato) non si renda conto di cosa vuol dire lavorare in maniera intensa ed arrivare stanco/a alla sera. Qui va chiarita una cosa. Un conto è il potenziale assistente personale (al primo lavoro) che lavora nella casa e/o nella vita quotidiana del “disabile”. Qui di regola si tratta di un certo numero di ore al giorno. E poi comunque il “disabile” è a casa propria, per cui, se il nuovo assistente non ce la fa, per il “disabile” ci può essere comunque qualche punto di appoggio. Altro discorso è se si parte per una vacanza con l’assistente personale al primo lavoro. Se poi questo assistente non ce la fa, per il “disabile” sono guai grossi. Per cui, sempre facendo molta attenzione a non farsi imprigionare dal pregiudizio, nel caso di una vacanza autodeterminata, se il potenziale assistente personale è al primo lavoro, può essere consigliabile qualche cautela in più nello sceglierlo.
Se il “disabile” vuol fare una vacanza piuttosto o molto intensa, è consigliabile adottare una cautele in più nello scegliere un assistente personale, che, nella propria vita privata, non esce quasi mai la sera. Può darsi benissimo che poi, nel lavoro come assistente personale per la vacanza del “disabile”, questa persona sia ineccepibile. Però ci potrebbe essere qualche motivo in più perché faccia delle resistenze ad una vacanza intensa per il “disabile”, che vuol uscire sempre la sera ecc.
Se il potenziale assistente personale ha già qualche esperienza lavorativa con un “disabile”, i testi sulla vita indipendente dicono di essere molto cauti. Questo perché tale persona può essere naturalmente, e inconsapevolmente, portata a fare con il nuovo “disabile” così come faceva con il precedente. Mentre è indispensabile che, con il nuovo “disabile”, l’assistente personale agisca secondo le esigenze peculiari di questa nuova persona. E anche questo problema può essere più importante per quanto riguarda le vacanze perché si tratta di stare con un “disabile” moltissime ore. Ed è per questo che molti “disabili”, nella prospettiva della vita indipendente, ovvero autodeterminata, preferiscono assistenti personali “vergini”, cioè che in precedenza hanno lavorato in altri settori.
Tuttavia non è sempre detto che la scelta di scartare l’assistente personale con altre esperienze sia quella giusta. Infatti, se si tratta di una persona intelligente (e per questo lavoro l’intelligenza è molto importante), può essere capace di “ripulire” la propria mente dall’esperienza precedente. Va anche valutato che può esserci nell’assistente personale la capacità di non fare con il nuovo “disabile” come faceva con il precedente, ma al tempo stesso di far tesoro dell’esperienza fatta. Con la conseguenza che il “disabile” può avere il vantaggio di dover spiegare meno cose al nuovo assistente personale.

I costi

Oltre alle maggiori difficoltà esaminate fino ad ora il “disabile” deve affrontare il problema dei costi della vacanza con molta più attenzione di tanti che appaiono normodotati. Questo per almeno tre motivi:
  • molto spesso chi è costretto a vivere da disabile ha una situazione economica più difficile di chi appare normodotato;
  • come si è rilevato più sopra, quasi sempre le vacanze accessibili per tutti (cioè senza barriere) costano di più del minimo che si può spendere per fare una vacanza accessibile solo per chi appare normodotato;
  • molto spesso chi è costretto a vivere da disabile deve pagare il vitto, l’alloggio e il viaggio anche per chi lo aiuta, soprattutto se si tratta di un assistente personale;
  • in quest’ultimo caso, cioè di assistenza personale, di regola il disabile deve pagare anche la retribuzione per l’assistente.
Dunque, rispetto a chi appare normodotato, per chi ha gravi disabilità le vacanze quasi sempre costano:
  • di più anche se riesce a farle in autonomia, cioè cercando di fare tutto da sé;
  • intorno a, o più del doppio, se si devono pagare pure gli spostamenti, il vitto, l’alloggio e altro anche per l’assistente personale;
  • intorno al triplo, di quanto visto al primo punto, (o anche molto di più) quando va pagata anche una retribuzione all’assistente personale.

Il “disabile” deve organizzarsi

Dunque, per fare una vacanza autodeterminata, oltre a ciò che normalmente deve affrontare una persona normodotata, il “disabile” deve far fronte a tutta un altra serie di problemi.
Innanzitutto l’organizzazione complessiva è comunque più complicata.
E’ poi necessario istruire bene l’assistente personale prima della vacanza. In proposito può essere decisamente conveniente effettuare questa istruzione con un certo anticipo rispetto alla vacanza. Questo perché, se qualcosa di significativo non va bene il “disabile” ha tempo per provare a cercare un altro assistente personale.
Inoltre è essenziale che il “disabile” dica all’assistente personale esattamente tutto ciò che dovrà fare. E’ insomma un grave errore se il “disabile”, al fine di far apparire all’assistente personale il lavoro da svolgere meno impegnativo di quello che sarà in realtà, gli nasconde alcune o molte cose che dovranno essere fatte. Si tratta di un grave errore perché, se poi, durante la vacanza, si trova a dover svolgere un lavoro significativamente più complesso o più faticoso di quello che gli era stato detto, l’assistente personale può sempre rifiutarsi di farlo, e quindi il “disabile” si trova nei guai.
E’ poi necessario che il “disabile” riesca ad esprimere all’assistente personale tutte le proprie esigenze. Questo perché l’assistente non può essere un indovino e quindi, se non riesce ad esprimersi compiutamente, il “disabile” può trovarsi a non usufruire dell’assistenza personale per talune necessità.
Forse lo si può desumere anche da quanto scritto in precedenza, comunque il “disabile” deve saper gestire il rapporto interpersonale con l’assistente personale durante tutta la vacanza. Può trattarsi di un compito agevole, ma può anche essere assai complicato.
Della gestione dei rapporti con l’assistente personale fa parte la capacità del “disabile” di sapere evitare che l’assistente personale si trovi di fronte a compiti per lui impossibili o troppo difficili.
E’ poi inevitabile che durante la vacanza si incontrino dei problemi pratici più o meno imprevisti e più o meno complicati da affrontare. L’assistente personale deve saper capire che gli imprevisti capitano. Il fatto è però che la vacanza è del “disabile”, e non dell’assistente personale. Inoltre è il “disabile” stesso che, giustamente, vuole la propria vacanza autodeterminata. E poi certe cose nessuno le conosce meglio del “disabile” stesso. Perciò, di regola, la soluzione a questi problemi la deve indicare il “disabile”. E non sempre è semplice.

Organizzare le vacanze è impegnativo

Dunque, per chi ha significative difficoltà fisiche-psichiche-mentali-sensoriali, organizzare le proprie vacanze, soprattutto se autodeterminate, può essere un compito molto impegnativo. Quasi sempre si tratta di un'attività molto più impegnativa che per chi è normodotato. Se questo si aggiunge a tutte le difficoltà quotidiane, che quasi sempre deve affrontare chi è costretto a vivere da disabile, spesso, nella realtà concreta della vita, per queste persone può diventare impossibile, o pesantissimo, riuscire a fare anche solo qualche giorno di vacanza.
Per organizzarsi una vacanza, oltre a ciò a cui deve pensare una persona normodotata, il “disabile” deve affrontare i problemi dell’accessibilità e dell’assistente personale. Se la vacanza non avviene sempre nel solito luogo e sempre con lo stesso assistente personale si tratta di problemi tutt’altro che semplici da risolvere, per i quali può capitare di sbagliare.
Se sbaglia in maniera significativa alcune di queste valutazioni, per il “disabile” la vacanza è rovinata. E’ probabile che questa “vacanza rovinata” costi al “disabile” molto più di quello che normalmente una “vacanza rovinata” costa a chi è normodotato. Questi maggiori costi sono dovuti a tutti quei problemi che abbiamo visto per l’accessibilità e per l’assistenza personale.
E’ tuttavia pochissimo probabile che il “disabile” possa avere una qualche forma di risarcimento per “vacanza rovinata” per una valutazione sbagliata dell’accessibilità e/o dell’assistenza personale.
Dunque, rispetto a chi appare normodotato e viene risarcito per una “vacanza rovinata”, un errore di questo tipo costa al “disabile” molto di più e senza quasi nessuna possibilità di risarcimento.
Inoltre, in considerazione di tutte le difficoltà che abbiamo visto per organizzare una vacanza e senza poter avere alcun rimborso, in caso di “vacanza rovinata” è pochissimo probabile che il “disabile” riesca ad organizzarsi una vacanza sostitutiva.
A questo va aggiunto che, se, per via della “vacanza rovinata”, il “disabile” deve rientrare a casa prima del previsto, può darsi che qui non possa avere l’assistenza personale necessaria proprio perché il rientro è anticipato e gli assistenti personali usuali sono in ferie o assorbiti da altri impegni. E, se a casa propria manca tale assistenza personale, per il “disabile” può essere davvero un guaio molto, molto grosso. In parole concrete, e aderenti a talune realtà, questo può volere anche dire che il “disabile”, in attesa del ritorno degli assistenti personali consueti, possa trovarsi costretto a stare sempre a letto, a fare i propri “bisogni” a letto, a stare senza mangiare e senza bere, ecc.
Infine, ma non meno importante, può accadere che il periodo di vacanza autodeterminata del “disabile”, sia anche l’unico periodo dell’anno in cui vi può essere un po’ di riposo per i familiari, che di solito aiutano il “disabile”. E’ evidente che, in caso di “vacanza rovinata” per il “disabile”, salta anche questo periodo di riposo per i familiari. Senza alcun risarcimento, e senza che i familiari possano evitare di rinunciare a questo riposo.

Eguaglianza

Se, alle difficoltà, spesso ben maggiori, e non sviluppate in questa sede, che il “disabile” deve affrontare per vivere la vita quotidiana, si aggiungono quelle qui menzionate per poter fare alcuni giorni di vacanza, ne consegue che la realtà della vita concreta per chi è costretto a vivere da disabile è ancora molto lontana da quell’eguaglianza che sarebbe il principio supremo dell’ordinamento giuridico.
Inoltre, da quanto è stato brevemente esaminato in queste pagine, consegue che anche le vacanze, e in particolar modo tutta l’attività necessaria per preparale e gestirle, sono un’occasione molto significativa in cui il “disabile” è costretto a vivere in condizioni diseguali.
Qui sotto riporto alcune esperienze fatte sull’accessibilità a Parigi. Sottolineo che si tratta soltanto di esperienze personali, quindi senza alcuna pretesa di scientificità o di validità per tutte le disabilità. Inoltre riguardano solo piccole parti di quella immensa città.
 
Estate 2000
 
Aereo
Arrivai all’aeroporto De Gaulle con un volo Air-France da Firenze e dovevo prendere un volo intercontinentale sempre dell’Air-France. Il personale dell’Air-France mi disse ripetutamente ed espressamente che a loro risultava che io avevo chiesto l’assistenza per il cambio di volo e che loro me l’avevano confermata. Però mi aggiungevano più volte che non potevano fornirmi tale assistenza per mancanza di personale.
Ho preso l’aereo decine di volte e una cosa del genere non mi era mai capitata nella maniera più assoluta, nemmeno nei paesi c.d. in via di sviluppo. In più mi colpiva la naturalezza con cui il personale dell’Air-France mi diceva questa cosa. Chiesi di potermi avviare agli imbarchi con la mia assistente personale, ma mi dissero che era impossibile perché avrei dovuto prendere un ascensore per il quale ci voleva la chiave, che aveva solo il loro personale.
Quando l’altoparlante annunciò l’imbarco del volo che mi interessava, tornai al bancone dell’Air-France, stesi il braccio sopra di esso e buttai in terra tutto quello che c’era sopra. Dopo 2-3 minuti arrivarono due persone di servizio che mi accompagnarono all’imbarco.
Da qui c’era un sistema di ascensori per l’aereo secondo me assurdo, che non funzionava, per cui dovemmo fare un lungo giro.
 
Treno
Sono partito dalla stazione di Milano con il treno TGV per Parigi. Per le mie esigenze il servizio di assistenza alla stazione di Milano funzionò benissimo. A bordo del TGV non c’era l’ombra di un posto per le carrozzine e neanche l’ombra di una toilette accessibile.
Arrivato alla stazione di “Gare-de Lyon” di Parigi non c’era l’assistenza per me. Il mio amico di Parigi, che era venuto a prendermi, chiese spiegazioni e gli dissero che non avevano personale. Avevo letto che da quella stazione c’era un ascensore per il metrò. E’ stato moto difficile trovarlo perché è in fondo da una parte, sebbene fossimo stati in quattro persone non abbiamo visto neanche l’ombra di un cartello indicatore e il mio amico parigino ha dovuto chiedere più volte informazioni.
 
Metrò
Ho preso solo due volte il metrò e non ho mai preso la linea 14, che è l’unica ad essere segnata come accessibile. Per scendere al metrò facevo le scale, saranno stati 40-50 scalini e il corrimano era piuttosto comodo. Anche per il cambio tra le linee del metrò c’era questa situazione. Per uscire dal metrò c’erano le scale mobili e il mio amico me le faceva salire lasciandomi seduto in carrozzina e stando dietro di me in piedi: lui diceva che non era per niente faticoso.
 
RER
Nelle due stazioni della RER dove sono stato gli ascensori erano guasti da tempo. Per salire sui treni della RER c’è uno scalino di almeno cm. 20. Per cambiare a Parigi tra due treni della RER c’erano scale. Alla stazione RER di Versailles c’erano scale (se c’è anche uno scivolo o un ascensore non sono indicati).
 
Autobus
Qualche linea dell’autobus a Parigi è segnata, sia alle fermate, sia negli autobus e sia nelle guide, come accessibile alle persone con disabilità. Di solito in questa materia si discute dei sistemi di accostamento al marciapiede, di sollevamento della carrozzina e di stazionamento di questa all’interno dell’autobus. A Parigi si tratta di discussioni del tutto superflue per il semplice fatto che una carrozzina di larghezza normale non passa dalla porta di questi autobus indicata per le carrozzine.
Al mio amico di Parigi una grossa associazione francese per le persone con disabilità a detto che gli unici mezzi di trasporti accessibili a tutti a Parigi sono i bus PCB, che collegano le varie porte della città e che io non ho mai preso.
Per spostarmi a Parigi prendevo gli autobus normali. Sono molto più lenti del metrò e della RER, ma in compenso si vede la città, e, soprattutto, per me erano più comodi. In quegli autobus si sale dal davanti, quindi l’autista vede benissimo chi sale e gli autisti degli autobus parigini sono molto gentili. Per salire ci sono due scalini bassi con corrimani comodi e i sedili della prima fila sono riservati a chi ha disabilità. Quando arrivava l’autobus mi alzavo dalla carrozzina, il mio amico mi aiutava a salire, mentre io andavo a sere da solo lui riscendeva e caricava la carrozzina. L’operazione inversa per scendere: scendevo dal davanti. Ha preso l’autobus tredici volte, quindi ventisei volte tra salite e scese: solo tre volte gli indigeni hanno aiutato il mio amico a caricare la carrozzina. Sono pronto a scommetterci qualsiasi cosa che in un paese c.d. in via di sviluppo gli indigeni avrebbero sempre aiutato il mio amico a caricare la carrozzina sull’autobus.
Il biglietto di libera circolazione su tutti i mezzi di trasporto di Parigi per una settimana mi è costato poco più di € 13 e altrettanto per il mio amico.
In nessun mezzo di trasporto pubblico di Parigi ho sentito il preannuncio audio delle fermate per chi non usa gli occhi per vedere.
 
Toilette
Nelle toilette per disabili in cui sono stato a Parigi non ho mai visto neanche l’ombra di un maniglione. In quella nel castello di Versailles, sebbene fosse spaziosa, non c’era neanche il lavandino e per lavarmi le mani sono dovuto andare nel bagno degli uomini ad alcuni metri da lì. Di solito le toilette dei disabili non erano indicate prima con della segnaletica.
 
Marciapiedi
Di solito a Parigi ho trovato gli angoli dei marciapiedi ribassati, però meno dell’1% di questi era ribassato “a raso”, per tutti gli altri c’era un piccolo scalino, per cui la carrozzina andava comunque alzata.
Qui sotto riporto alcune esperienze fatte nel luglio 2002 sull’accessibilità nella Sardegna sud-occidentale. Sottolineo che si tratta soltanto di esperienze personali, quindi senza alcuna pretesa di scientificità o di validità per tutte le disabilità.
 
La nave.
Ho utilizzato un traghetto della Tirrenia del tipo “Strada”, più precisamente la nave Emilia, sia all’andata che al ritorno.
Al momento della prenotazione va detto che si tratta di una persona con disabilità, e, ad indicare ciò, nel biglietto insieme al cognome vengono messi tre asterischi.
E’ bene imbarcarsi nella nave almeno un’ora prima della partenza perché così si può parcheggiare accanto all’ascensore. Sé ci si imbarca più tardi poi con la carrozzina non si passa tra le macchine parcheggiate per raggiungere l’ascensore.
Per gli spostamenti all’interno della nave non ho trovato alcun problema anche utilizzando la carrozzina. Inoltre c’è molto personale di servizio estremamente gentile. All’interno della nave ci sono corrimani ovunque. Invece per andare sul ponte all’esterno c’è da saltare una barriera di circa trenta centimetri. Per circolare sul ponte non ho trovato alcun problema.
In quella nave c’era una sola cabina per persone con disabilità. Il fatto “incredibile” è che questa cabina non si può prenotare: quando si sale sulla nave è il comandante che decide, fra le persone con disabilità eventualmente presenti a bordo, a chi assegnare quella cabina, per cui eventuali altri passeggeri rimangono nei guai. La chiave della cabina è piccola e chi ha difficoltà nell’uso delle mani può non farcela da solo/a. La porta della cabina ha una molla abbastanza dura. All’interno della cabina è abbastanza spazioso e con corrimano tutto intorno. Ci sono due letti a castello per cui se si tratta di una coppia con disabilità può essere impossibile. Al fianco destro del letto c’è un bordo di legno leggermente più alto del materasso per cui chi non ha una certa forza nelle braccia potrebbe non farcela ad alzarsi da solo/a.
Il wc per persone con disabilità è esterno alla cabina, ma accanto a questa. Anche qui la chiave è piccola e la porta ha una molla abbastanza dura. Il water è normale con il corrimano solo sulla sinistra, il lavandino è normale, il locale è spazioso e c’è il corrimano tutto intorno.