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Presentazione

Manifestazione 'liberi di fare'

Manifestazione 'liberi di fare' in piazza della Repubblica a Firenze il 3 novembre 2017

Manifestazione 'liberi di fare' in piazza della Repubblica a Firenze il 3 novembre 2017


Manifestazione 'liberi di fare'

Manifestazione 'liberi di fare' in piazza della Repubblica a Firenze il 3 novembre 2017

Manifestazione 'liberi di fare' in piazza della Repubblica a Firenze il 3 novembre 2017


Manifestazione 'liberi di fare'

Manifestazione 'liberi di fare' in piazza della Repubblica a Firenze il 3 novembre 2017

Manifestazione 'liberi di fare' in piazza della Repubblica a Firenze il 3 novembre 2017


di Raffaello Belli

  Adolf Ratzka è considerato il leader europeo per la vita indipendente.  In un suo scritto elenca le situazioni nelle quali, pur non essendo formalmente e teoricamente in istituto, di fatto lo siamo.  Fra queste situazioni Ratzka elenca anche il fatto che un/a disabile condivida la/il propria/o assistente personale con altre/i disabili.  Ovvero, secondo Ratzka, per un disabile condividere la/il propria/o assistente personale con altre/i disabili vuol dire essere di fatto in istituto.

  Un macigno è dato dal fatto che, come per tutte le persone, anche nella vita di chi è costretto a vivere da disabile, ci sono delle variazioni e degli imprevisti.  Si può “banalmente” pensare ad una visita o un esame medico, ma soprattutto andare a trovare un amico, a vedere un film, a fare qualche acquisto extra come indumenti, elettrodomestici ecc., andare alla presentazione di un libro, ad una manifestazione, a fare una passeggiata se il tempo lo consente, oppure non ci si sente bene e/o si ha necessità di più tempo per attività personalissime ecc..  È insomma evidente che, per essere se stesse/i, per non essere prigioniere/i come in istituto, ci vuole una certa elasticità nell’assistenza personale, e possono comunque essere necessari tempi non strettissimi.  Tutto questo può diventare difficile o impossibile se la/il propria/o assistente personale deve lavorare anche con un/a altro/a disabile.  Ovviamente altrettanto accade se deve svolgere un altro tipo di lavoro, salvo il fatto che, in caso di urgenze non rimandabili, togliere le ore di assistenza ad un altro/a disabile può essere più inammissibile che chiedere qualche ora di permesso in altri tipi di lavoro.

  Il fatto è comunque che non c’è vita indipendente se il disabile ha un’assistenza personale cosi limitata e/o rigida da non poter vivere quelle situazioni impreviste e quelle variazioni di vita menzionate qui sopra.

  Un altro macigno è dato dal fatto che quasi sempre le persone con talune difficoltà richiedono tempi molto più lunghi per svolgere le proprie attività, e in particolar modo per le attività personalissime.  Questo complica l’eventualità di condividere il/la proprio/a assistente personale con altri/e disabili.  In altre parole un conto è, ad esempio, se una persona cd. normodotata la mattina si prepara in mezz’ora.  Altro discorso è, ad esempio, la situazione di una persona con notevoli difficoltà fisiche che la mattina ha necessità di 3 ore di assistenza personale per essere pronta.  Evidentemente questo rende difficile condividere l’assistenza personale con un/a altro/a disabile che necessita di assistenza personale.

  Secondo me la soluzione seria è quella che ho indicato nel mio libro “Vivere eguali”.   Cioè, per far sì che una persona disabile possa davvero fare vita indipendente, ovvero non sia discriminata almeno per quanto riguarda i diritti fondamentali, l’unica soluzione è che l’assistente personale abbia un retribuzione oraria tale da poter vivere dignitosamente anche facendo meno di 40 ore settimanali.

  Sono pienamente consapevole di essere passato da scemo, o da pazzo, nel pensiero di troppe persone, nell’indicare tale retribuzione nel mio libro.  Però, più passa il tempo e più sono convinto di aver indicato la soluzione giusta a questo problema.  Tanto più che in tale libro ho esaminato anche ulteriori motivi per cui è necessaria detta soluzione.

  Il fatto è che sono ampiamente violate le fondamenta della Costituzione, solo ad esempio, per le risorse che vengono sperperate per le armi e perché sono state diminuite le tasse su chi è ricco (tutti i governi sono stati unanimi nel ridurre la progressività del sistema fiscale).  Insomma le risorse per assicurare tutta la necessaria assistenza personale ai disabili gravi ci sarebbero abbondantemente anche limitandosi solo a queste due spudorate violazione della Costituzione, e senza menzionare tantissime altre risorse che vengono sperperate per rafforzare l’ingiustizia sociale.

  Secondo me un cd. disabile grave non può fare vita indipendente con il tetto di € 1.800 al mese previsti dalla Regione Toscana.  E tanto meno con cifre spaventosamente più basse che, troppo spesso, si è costrette/i ad accettare.  Con cifre così basse quasi mai è possibile assicurare ad un/a assistente personale un orario di lavoro settimanale intorno a 40 ore.

  Per questo, quando non è possibile fare di meglio, può essere necessario / “opportuno” condividere la/il propria/o assistente personale con qualche altra/o disabile.

  Fra l’altro, così facendo, le/gli assistenti personali si trovano ad avere, nel complesso, un reddito individuale più alto, e quindi può essere più probabile trovare un/a assistente personale disponibile e può darsi che tali persone durino più a lungo a fare questo lavoro.  Aspetti questi due ultimi certamente non secondari.

  Lavorando con due (o, a limite, di più) disabili può darsi che l’assistente personale si stressi meno rispetto alla situazione in cui deve “sopportare” per tutto il giorno la/o stessa/o disabile.  In questo caso in inglese direbbero che per l’assistente ci potrebbe essere meno pericolo di “burnout”.  Però, se l’assistente personale si trova davvero bene con una certa persona disabile, può anche darsi si stressi meno lavorando tutto il giorno con quella/o stessa/o disabile.

  In sintesi, secondo me, nella situazione in cui un/a disabile condivide la/il propria/o assistente personale con altre persone disabili, c’è qualche vantaggio, ma ci sono anche dei pericoli che mi sembra giusto sottolineare affinché ognuno, se vuole, presti attenzione a fare il possibile per evitarli.

  Innanzitutto Enil, a livello europeo, sta puntualizzando che per la condivisione della/o stessa/o assistente personale è necessario siano d’accordo tutte (sperabilmente non più di due) le persone disabili che condividono tale assistente personale.

  Inoltre va osservato che tante più sono le ore di assistenza personale che un/a disabile riesce a utilizzare ogni giorno quanto maggiori sono i pericolo e i disagi che possono venirle/gli dalla condivisione del/la propria/o assistente personale.  Però è altrettanto vero che tanto più numerose sono le ore di assistenza personale che un disabile riesce a retribuire ogni giorno quanto maggiore è il reddito mensile che ne viene all’assistente personale, e quindi quanto minore è la probabilità che questa persona abbia necessità di lavorare con un/a altro/a disabile.

  Può essere poi più che mai importante che i disabili, tra i quali viene condivisa/o un assistente personale, abitino ambedue non troppo lontano dall’abitazione dell’assistente.

Inoltre è fondamentale che gli orari da lavorare con i diversi disabili non si sovrappongano.   Per esempio, se due disabili hanno necessità di assistenza personale dalle 8 alle 10 di mattina, è chiaro che non può essere condivisa/o la/o stessa/o assistente personale.   Parimenti, se ad esempio due persone disabili hanno necessita di farsi aiutare per 3 ore ciascuna per alzarsi la mattina, è pochissimo probabile che possano condividere una/o stessa/o assistente personale senza dover fare grosse rinunce perché gli orari in cui le persone si alzano variano ma, di solito, non tantissimo.

  Per questo tipi di motivi, è poco probabile che sia possibile condividere la/o propria/o assistente personale per attività quali alzarsi la mattina, preparare il pranzo o la cena o andare a letto la sera.  Più precisamente, se si dovesse presentare la necessità di condividere un/a assistente personale per queste attività, è indispensabile pensarci molto bene e prestare molta attenzione a come vengono organizzate le cose.

  Per diversi motivi è poi importante che l’assistenza personale a due disabili diversi avvenga in orari distanziati fra loro.  In primo luogo per far sì che l’assistente personale non sia costretta/o a mettere fretta ad un disabile perché deve andare da un altro/a.  È chiaro che il disabile deve fare di tutto per rispettare l’orario stabilito con l’assistente.  Però è inammissibile che il disabile debba trovarsi con l’acqua alla gola perché l’assistente deve scappare per andare da un altro/a disabile.  A qualsiasi persona può capitare di metterci di più a fare qualcosa di personalissimo.  E questo può accadere molto di più ad un disabile, ed è inammissibile che ciò ricada “a cascata” sul disabile successivo.  Abbiamo poi visto che a volte possono capitare delle variazioni e degli imprevisti per il disabile.  Certo, questi non devono e non possono essere “la regola”, però, anche sotto questo aspetto, non è ammissibile l’appena menzionata ricaduta “a cascata”.

  Inoltre è comprensibile che l’assistente esca un po’ stanco, fisicamente e/o mentalmente dal primo disabile, e anche questo non deve ricadere su quello successivo.

  Infine, ma di fondamentale importanza, uno degli aspetti centrali dell’assistenza, appunto personale, è che l’assistente faccia al/la singola/o disabile le prestazioni in maniera personalizzata.  Se l’assistente lavora con più disabili c’è il rischio che questa personalizzazione sia molto ridotta.  Ad esempio, se si trova ad aiutare per la stessa attività due disabili diversi, è probabile che l’assistente tenda naturalmente a fare la medesima attività in maniera uguale per i/le due disabili.  Cosi viene meno un pilastro della vita indipendente, e questo è uno dei motivi fondamentali per cui non ci dovrebbe essere la condivisione di un assistente fra due o più disabili.  Tuttavia, quando è impossibile, o troppo difficile, evitare di condividere un/a assistente personale, la personalizzazione di una prestazione è maggiore se l’assistente ha una lunga pausa fra quando lavora con un/a disabile e quando lavora con l’altro/a.  Fermo restando che, in ogni caso, la personalizzazione dell’assistenza è tanto maggiore quanto più elevata è l’intelligenza dell’assistente personale.