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di Luca Pampaloni

 

  Chi scrive è affetto da tetraparesi spastica in forma abbastanza grave, con impedimenti motori simili a quelli che caratterizzano Fabrizio della prima puntata di “Inviati speciali” andata in onda su Rai3 il 1 gennaio 2018.  Una differenza sostanziale tra i due è che il sottoscritto ha mantenuto la possibilità di parlare, anche se in modo non immediatamente comprensibile.  Il sottoscritto ribadisce di essere ben consapevole della decisiva importanza di questa differenza.

  Tuttavia, vi sono alcune cose da puntualizzare.

  La prima che balza agli occhi è che Fabrizio non è il protagonista della trasmissione.  Forse, si tratta di una scelta deliberata, ma i veri protagonisti sono gli “spingitori di Fabrizio”.  Presumibilmente, ciò è dovuto anche alle maggiori difficoltà comunicative di Fabrizio.  Tuttavia, resta il dato di fatto che Fabrizio non viene fatto esprimere.

  All’inizio della puntata, si afferma che lo sport è importante perché insegna il gioco di squadra.  A parere di chi scrive, considerato anche il curriculum di studi di Fabrizio, il gioco di squadra poteva essere assimilato assai più proficuamente mediante il lavoro di gruppo nella scuola sia dell’obbligo che successiva.

  In tutta la puntata, la sola legge citata come “a favore dei disabili” è la legge 112 del 2016 – legge sul “dopo di noi”.  Se l’intento era di fare “informazione obiettiva”, va detto con molta forza che si è fatto l’esatto opposto, cioè della mera propaganda.  Infatti, attraverso il passaggio di proprietà dell’abitazione lasciata dai genitori non al figlio disabile ma a una fondazione che ha il compito di assistere il disabile, quest’ultimo si ritrova costretto a convivere con altre persone “meno fortunate di lui” – nel senso che i genitori di queste ultime non hanno lasciato la casa – e a condurre una vita regolata dall’erogatore di assistenza.  Non si vuole affatto dire che questa risposta assistenziale non possa essere praticata; ma essa non può essere l’unica risposta ai bisogni di chi ha disabilità.  Infatti, da molti anni anche in Italia esiste ed opera un variegato movimento di disabili che lottano per poter condurre una vita autodeterminata nonostante le disabilità.  Di tutto questo, in nessuna trasmissione dedicata alla disabilità si dà la minima informazione.

  Per almeno due volte, nella puntata in questione si afferma che Fabrizio ha conseguito la laurea in filosofia col massimo dei voti.  Ciò fa presumere che, se disponesse delle risorse necessarie, anche Fabrizio potrebbe condurre una vita autodeterminata e non finire in una casa famiglia.

  Tuttavia, c’è un aspetto ancora più terrificante a cui la trasmissione dedica solo un accenno en passant.  Dopo aver più volte affermato – con più che legittimo orgoglio – il curriculum di studi di Fabrizio, si dice – con stupefacente naturalezza – che egli trascorre i giorni feriali in un centro per disabili.  Forse, al giornalista Cannavò sfugge la regressione e la conseguente frustrazione insite nel ritorno in un ghetto da parte di una persona che ha sperimentato la vivacità del mondo scolastico e universitario.  Anche nel caso del sottoscritto, le istituzioni e la società non sono state in grado di predisporre un modo per valorizzare le conoscenze e le esperienze acquisite in 20 anni di inserimenti scolastici; ma mai e poi mai il sottoscritto avrebbe accettato di tornare in un centro per disabili.

  II tema principale della puntata in questione è “l’amicizia”.  Il sottoscritto condivide in pieno la scelta di attribuire importanza primaria a tale tema.  Tuttavia, qualsiasi rapporto di vera ed autentica amicizia può instaurarsi e sopravvivere solo se poggia su un piano di relativa parità reciprocità e libertà.  Almeno a parere di chi scrive, la trasmissione in esame non mostra a sufficienza tali caratteristiche dei rapporti tra Fabrizio e i suoi “spingitori”.