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  Al genere apparentemente maschile, utilizzato nel presente scritto, va attribuito un significato concretamente neutro, nel senso da attribuirgli un contenuto sia maschile che femminile.

 

Il diritto

  Oltre al buon senso, diversi atti giuridici – anche molto importanti – individuano la vita indipendente come diritto fondamentale per le persone disabili.  Quando poi si è nella cd. situazione di gravità, quasi sempre l’assistenza personale è cruciale.  Pertanto, essa deve essere garantita come un diritto concreto e perciò tutelabile anche davanti al giudice.

  Non è accettabile, neppure per legge, limitarsi a destinare una determinata cifra per la vita indipendente e poi, se si tratta di una cifra insufficiente, chi rimane fuori si arrangia.

  Viceversa, si tratta di creare un assegno mensile che costituisca un diritto soggettivo perfetto e concretamente esigibile dal disabile, nel senso che – se un organo della Repubblica riconosce al disabile la necessità di assistenza personale per la vita indipendente e poi la Repubblica dà a quel disabile poco o niente per questo scopo – deve essere concretamente possibile andare davanti al giudice per ottenere ciò di cui si ha necessità.  Ovvero, non serve a niente stabilire per legge in astratto che si tratta di un diritto ma poi regolamentare la cosa in modo tale che il giudice non può intervenire a garanzia del disabile o può farlo solo in circostanze eccezionali.

 

L’assistenza personale

  Di solito per la vita indipendente vengono erogate dalla Repubblica delle cifre determinate a caso, o per altri interessi, e magari uguali per tutti, e poi il disabile si deve arrangiare.  Per garantire davvero il diritto alla vita indipendente ci deve essere il procedimento inverso:

1.     determinare il costo complessivo reale di un’ora di assistenza personale;

2.     stabilire di quante ore d’assistenza personale al giorno in media ha necessità il singolo disabile;

3.     moltiplicare questi due fattori tra loro e da ciò determinare la somma mensile che deve essere garantita come diritto al singolo disabile.

  In questa proposta di legge, il costo orario complessivo per l’assistenza personale per un disabile grave è individuato in € 20 – comprensivo di tutti i costi diretti e indiretti per l’assistenza personale.  Esso va rivalutato ogni anno con un decreto del Presidente della Regione in base al costo della vita.  Questo costo orario complessivo deve essere superiore a quanto esplicitato in cifre dal CCNL del lavoro domestico, almeno per i seguenti motivi:

a)     a carico del disabile, oltre alla paga oraria, ci sono: contributi previdenziali e assicurativi, ferie, festività, tredicesima, malattia, altre assenze, tfr;

b)     è un lavoro molto più impegnativo che fare la badante per accompagnare alla morte un anziano;

c)     è necessario fare molta attenzione che il disabile non cada, o non si faccia male, per esempio negli spostamenti alla/dalla carrozzina, oppure perché cammina con molta difficoltà per cui è necessario fare attenzione che non cada, ecc.;

d)     è necessario che l’assistente personale si ricordi tanti particolari essenziale per far sì che il soggetto possa davvero vivere la propria vita;

e)     se poi il disabile rimane solo, per alcune o per molte ore, possono venirgli danni anche gravi, se l’assistente personale si dimentica delle cose che deve fare;

f)      è fondamentale che, tanto più se ha difficoltà nel linguaggio, il disabile non debba ripetere sempre le cose che l’assistente personale deve fare;

g)     trascorso un primo periodo non breve di conoscenza, è importante che l’assistente personale abbia le capacità di intuire le esigenze del disabile;

h)     l’assistente personale deve imparare a capire bene il disabile che ha difficoltà nel linguaggio;

i)      ci deve essere la capacità di non imporre di fatto, in un modo o in un altro, al disabile modi di fare e preferenze che gli sono estranei;

j)      ci vuole gentilezza, a ben maggior ragione perché si tratta di un lavoro in cui si ha a che fare con le necessità più personalissime e privatissime del disabile, nei confronti delle quali è doveroso il massimissimo rispetto;

k)     l’assistente personale deve avere la capacità di tenere da una parte i propri giramenti di scatole, nervosismi ecc. perché aver a che fare con le cose personali, e tanto più personalissime, di una persona è cosa ben diversa dall’aver a che fare con un materasso, con un divano ecc.;

l)      è molto probabile che ci sia la necessità di assistenza personale anche in orari considerati, o da considerarsi, notturni, ad esempio alle 6 di mattina o dopo le 10 di sera;

m)   ci può essere necessità di singole prestazioni di assistenza personale per brevi periodi di tempo, ad esempio 1 ora, 2 ore;

n)     c’è spesso la necessità di flessibilità nell’orario dell’assistenza personale perché la vita è varia;

o)     ci può essere necessità di assistenza personale in situazioni e momenti imprevisti, sempre perché la vita è varia e non sempre prevedibile;

p)     come tutti, il disabile può avere necessità e/o desiderio di andare, e di soggiornare temporaneamente, lontano dalla propria residenza.  In questi casi, il disabile deve dare una maggior retribuzione e coprire anche le spese di viaggio, vitto e alloggio dell’assistente personale.

 

Le condizioni per l’assegno

  In questa proposta di legge viene stabilito che l’assegno è indipendente dall’ISEE, come avviene per l’indennità di accompagnamento, perché, nella realtà concreta della vita vera, l’ISEE è compatibile con la non discriminazione dei disabili soltanto stabilendo una franchigia per i disabili gravi di svariati milioni di euro; ciò rende l’ISEE concretamente ininfluente per l’erogazione dell’assegno a non meno del 99,999% dei potenziali destinatari.  Quindi, mettere l’ISEE sarebbe un’inammissibile complicazione a carico dei disabili gravi che devono essere fra i primi a beneficiare della semplificazione amministrativa.

  Viene anche stabilito che l’assegno spetta a tutte le età.  Questo perché, quando nasce un bambino con una grave disabilità, per i genitori c’è un impegno molto maggiore del normale.  Inoltre è cruciale che il bambino disabile venga fatto crescere con le stesse attenzioni dei genitori e secondo le scelte, anche estremamente particolari, volute da loro.

  Inoltre, per un anziano – pure in decadenza e anche per allungargli la vita – è essenziale che, per ciò che non è patologico nella singola situazione, venga aiutato per le proprie necessità, esigenze, aspirazioni e piaceri come vuole lui.

  In questa proposta di legge viene stabilito che l’assegno spetti ai disabili gravi di qualsiasi tipo.  Ovvero, chi ha gravi disabilità mentali o psichiche ha necessità e diritto ad una assistenza personale diversa da chi ha difficoltà fisiche o sensoriali, ma con l’assistenza personale giusta anche queste persone possono autodeterminare la propria vita in maniera importante.  Solo ad esempio, se non c’è la capacità di determinare tutta la spesa quotidiana da sé, questo non vuol dire che non ci sia la capacità di determinare una serie di preferenze e desideri per la spesa, per uscire di casa, per la vita da fare in casa ecc..  Oppure, se ci sono delle crisi temporanee, questo non toglie che tale persona non possa utilizzare la propria intelligenza per vivere in casa propria, per fare la spesa, per viaggiare ecc., a condizione che ci sia un assistente personale che l’aiuta nel modo opportuno nei momenti di difficoltà.

 

Chi decide

  Quando c’è una disabilità grave, l’assistenza personale è indispensabile prima di tutto per il concreto esercizio di diritti personalissimi e assolutamente inviolabili.  Tanto per limitarsi ad un esempio fra mille, un ergastolano la notte si gira nel letto quante volte vuole oppure durante la doccia tocca il proprio corpo come vuole lui, mentre queste cose non vengono garantite a un disabile a cui viene negato il finanziamento necessario per un’assistenza personale adeguata.  Oppure, sempre ad esempio, lo stesso discorso vale per il fatto che una persona cd. normodotata la domenica pomeriggio decide da sé se stare in casa oppure andare a fare una passeggiata, mentre un disabile grave può fare questa scelta soltanto se ha fondi sufficienti per l’assistenza personale.

  Pertanto, se si volesse e si potesse realizzare davvero l’eguaglianza, dovrebbe essere il disabile stesso a decidere da solo di quanta assistenza personale ha necessità.  Per vari motivi, attualmente questo è impossibile.

  Per altri motivi, non è neppure il caso di lasciare questa decisione ad un’unica altra persona, ad esempio l’assistente sociale. Per di più la burocrazia e le complicazioni della vita a carico dei disabile sono talmente notevoli che non è davvero il caso di istituire un’altra commissione a tale scopo.

  Questa proposta di legge affida tale compito alla Commissione di cui all’articolo 4 della legge 104 del 1992.  Questo perché:

a)     è una Commissione che esiste già;

b)     è stabilita da una legge nazionale;

c)     dalle decisioni positive di questa Commissione scaturiscono già diritti soggettivi perfetti per i disabili;

d)     è già previsto dalla normativa nazionale che il disabile venga ascoltato personalmente dalla Commissione prima della decisione;

e)     è già previsto dalla normativa nazionale che il disabile possa farsi accompagnare davanti alla Commissione da una persona di propria fiducia.

 

Prigionia o libertà

  Il fatto è che, se tale Commissione (o chiunque altro con il potere di assegnare i fondi per l’assistenza personale) attribuisce a un disabile grave ad esempio 1 ora di assistenza personale al giorno, di fatto costringe quel disabile ad una prigionia peggiore di quella riservata a chi viene condannato al carcere duro (lo si può dimostrare in dettaglio).  Sennonché, tale ultimo tipo di condanna si subisce soltanto a seguito di una decisione di più giudici e di una serie di garanzie.  Viceversa, se al disabile viene assegnata un’adeguata assistenza personale, seguendo la definizione che l’ONU dà della disabilità, ne consegue che quella persona non è quasi più disabile.  Di conseguenza, nella realtà concreta della vita, la Commissione ha un potere enorme sulla vita di chi ha necessità di assistenza personale per la vita indipendente.

  In altre parole, se ci sono precise garanzie giuridiche prima di una condanna al carcere duro, a maggior ragione devono esserci una serie di garanzie per evitare una pesante condanna di fatto ad un disabile grave che ha commesso il solo “reato” di esistere.  Per questo, ovvero per via della fallibilità umana, è indispensabile mettere una serie di paletti all’operare di detta Commissione.

  In primo luogo, la vita indipendente è una “rivoluzione copernicana” nel campo della disabilità.  È quindi necessario che i componenti della Commissione vengano preliminarmente preparati a conoscere e capire che cos’è veramente la vita indipendente e quali difficoltà devono essere superate per non morire prima dell’inevitabile.

  Inoltre, per tutti gli altri tipi di decisione che vengono prese dalla Commissione, è già stabilito per legge che il disabile può farsi accompagnare da un medico di sua fiducia.  Questa proposta di legge stabilisce che il disabile può farsi accompagnare da 2 persone di propria fiducia.  Quindi, non è affatto detto che siano medici, ad esempio possono essere altri disabili che svolgono attività di “consiglieri alla pari”, oppure avvocati, amici ecc..  Questo perché in primo luogo è fondamentale che la Commissione venga messa in condizione di capire qual è veramente la situazione specifica.  In secondo luogo, perché per vari motivi importanti, il disabile può avere difficoltà ad esprimere le proprie necessità davanti alla Commissione.

  Nella proposta di legge vengono poi indicati dei tempi burocratici precisi che devono essere rispettati per attribuire al singolo disabile le risorse finanziarie necessarie per vivere come tutti.

  Inoltre, il procedimento che la Commissione deve seguire è sostanzialmente diviso in due parti.  Nella prima fase, la Commissione deve accertare quali sono le incapacità di quel singolo disabile.  Nella seconda fase, la Commissione deve quantificare questo in ore di assistenza personale.  In sintesi, queste due fasi sono il punto cruciale nel quale si concentra un enorme potere della Commissione, ed è soprattutto qui che vanno messi dei paletti.

  Infatti, se la legge qui proposta si limitasse soltanto a stabilire che la Commissione deve individuare le ore di assistenza personale per il singolo disabile, ci sarebbe sostanzialmente concentrato nelle sue mani il potere decisionale fra carcere duro e libertà per il singolo disabile.

  Perciò, nella proposta di legge in esame sono previste 5 classi di assistenza personale.

  Semplificando il ragionamento, tanto per spiegarsi, si può fare un semplice esempio.

  Supponiamo che un disabile grave vada davanti alla Commissione dicendo che gli serve assistenza personale perché non gli riesce sdraiarsi sul letto e alzarsi.

  Nella prima fase, la Commissione deve accertare se questo è vero, è un punto delicatissimo sottolineato in tutta la letteratura internazionale sulla vita indipendente.  Su questo, per ridurre il rischio di errori da parte della Commissione, in subordine alla capacità del disabile di farsi intendere, i paletti posti nella proposta di legge in esame sono la preparazione della Commissione in tema di vita indipendente e le persone che accompagnano il disabile.  È evidente che questo è un potere enorme della Commissione: se si convincono che il disabile può farcela da solo mentre ciò non corrisponde alla realtà, ne consegue che l’ergastolano ha la garanzia che la mattina si alza comunque dal proprio giaciglio e la sera si sdraia comunque su di esso, mentre a quel disabile grave viene negata questa garanzia e viene lasciato in enormi difficoltà davanti alle quali non vengono costretti neanche gli animali.

  Poi si passa alla seconda fase del compito della Commissione.  Una volta accertata la necessità di quel tipo di assistenza personale per quel disabile, la Commissione deve quantificarla in ore.  Anche questa fase è delicatissima e può comportare rischi molto seri per un disabile grave.  Ad esempio, se per uscire di casa la mattina il presidente della Commissione si prepara in mezz’ora, e per questo anche al disabile viene riconosciuta a priori mezz’ora di assistenza personale per la mattina, ne consegue l’impossibilità per il disabile di vivere decentemente e quindi il più a lungo possibile. Oppure, anche se al disabile viene riconosciuto il doppio del tempo necessario al presidente, purtroppo è molto probabile che anche questo sia largamente insufficiente, e in concreto significhi incatenare il disabile.

  Nella proposta di legge qui in esame, per limitare il rischio che la Commissione faccia questo tipi di errori, si individuano delle Classi di assistenza personale.  Ad esempio, se la Commissione verifica che il disabile da se stesso non può “uscire di casa e/o fare la spesa”, ne consegue automaticamente che al disabile deve essere assegnata la Classe 1, cioè 4 ore al giorno di assistenza personale.  E così via.

  In tal modo, nella proposta di legge in esame, si cerca anche di rendere concreto il diritto alla assistenza personale, e quindi alla vita indipendente.

  Innanzitutto, se non ci fosse il paletto delle Classi, la Commissione avrebbe un ampissimo potere di assegnare al singolo disabile un numero di ore di assistenza personale largamente insufficiente.

  Inoltre, con le Classi, la singola Commissione conserverebbe comunque una certa discrezionalità nello stabilire se, per restare nell’esempio di prima, quel singolo disabile può o meno “uscire di casa e/o fare la spesa” da sé.  Ma poi, una volta accertato ciò, in qualunque zona della Regione sia, la Commissione dovrebbe comunque assegnare 4 ore di assistenza personale, e quindi si ridurrebbero le inammissibili differenze di trattamento che ci sono fra le varie zone della Toscana.

  Poiché la proposta di legge in esame stabilisce che si tratta di un diritto, ne consegue che – se approvata – il disabile insoddisfatto può rivolgersi al giudice.  Il giudice nomina un perito che accerta se quel disabile non può fare certe cose.  Poi però, magari su indicazioni del perito, il giudice deve decidere quante ore di assistenza personale sono necessarie al disabile.  Ma, se nella legge non ci fosse alcuna indicazione in proposito, per il giudice sarebbe difficile trovare una norma a cui agganciarsi per assegnare a quel disabile un numero di ore adeguato di assistenza personale.  E, senza Classi, ogni giudice dovrebbe fare di testa propria nell’ambito della sua umana fallibilità.

 

Agenzia per la vita indipendente e suoi compiti

  Per molti motivi, è impossibile per i disabili autodeterminare la propria vita senza avere a disposizione un’agenzia per la vita indipendente.  Da un lato, agenzie del genere possono funzionare assai poco senza finanziamenti.  Dall’altra però, per quanto è dato di sapere, è impossibile avere finanziamenti pubblici istituzionalizzati e continuativi senza essere controllati e condizionati da un organismo pubblico.  Il fatto è che non ci può davvero essere vita indipendente se le agenzie preposte a tal fine vengono condizionate da enti pubblici.  Per questo, nell’ambito nella normativa vigente, per sostenere la vita indipendente sono stati previsti Enti del Terzo Settore.  Infatti, questi Enti possono:

  • autodirigersi totalmente;
  • costituire al loro interno agenzie ecc. per la vita indipendente;
  • provare ad attingere a vari finanziamenti in modo da ridurre al minimo o azzerare i condizionamenti esterni.

 

  In questa proposta di legge, i compiti di tali agenzie non vengono stabiliti in dettaglio perché detti compiti devono essere assolutamente autodeterminati e diretti dai disabili che fanno parte di queste agenzie.  Inoltre, tali compiti possono e debbono essere cambiati nel tempo.  Se per cambiare questi compiti dovesse essere cambiata la legge, ….…  Infine, i compiti di tali agenzie sono molto più complessi che limitarsi ai consiglieri alla pari.  Sono anche molti altri i compiti essenziali per consentire e sostenere la vita indipendente.

 

Altre precisazioni

  In tema di Classi, è previsto anche che in talune situazioni per alcune ore possano essere necessari due assistenti personali in contemporanea, per esempio quando un disabile fisico è molto pesante e/o molto rigido.

  Viene anche previsto che è necessaria più assistenza personale quando una donna disabile diventa madre e quando in famiglia ci sono dei figli minorenni.

  È poi previsto che gli assistenti personali siano gestiti secondo i canoni della vita indipendente e che vi sia il dovuto rispetto per la privacy del soggetto.

  È anche previsto che durante eventuali ricorsi, che venissero fatti dal disabile, viene comunque erogato regolarmente l’assegno eventualmente stabilito dalla Commissione in attesa dell’esito finale del ricorso.

  Nella proposta di legge non viene previsto che il disabile possa solo assumere alle proprie dipendenze in maniera continuativa un assistente personale.  Possono esserci altri tipo di rapporti di lavoro regolari rispetto a quello delle colf.  Per esempio, pensando a talune difficoltà mentali, in una singola situazione per necessità specifiche potrebbe essere meglio un contratto con una cooperativa, o con un’altra impresa, magari scritto adeguatamente da un avvocato, in modo che il singolo disabile possa avere adeguata assistenza personale in condizioni migliori di quello che potrebbe fare da sé.  Inoltre, anche per chi autogestisce completamente da sé la propria assistenza personale, ci possono essere e ci sono necessità che fuoriescono dal CCNL delle colf.

  Infine, ma non meno rilevante, è la doverosità di agevolare al massimo gli adempimenti burocratici a carico di chi ha gravi disabilità.

  L’argomento è talmente importante che, ad esempio, nelle istruzioni del Modello 730 (righi E8-E10 codice 15) è previsto espressamente che ai fini Irpef la rendicontazione può essere anche senza rapporto di lavoro continuativo alle dipendenze del soggetto, per esempio su carta bianca con qualche formalità.

 

La rendicontazione

  Se, ad esempio (a parte la pandemia) una domenica, anziché stare in casa, una persona cd. normodotata decide di andare a fare una passeggiata in campagna o al mare, questa persona non deve rendicontare niente a nessuno.

  Purtroppo, per una serie di motivi, per ora è necessario che il disabile rendiconti che ha speso per l’assistenza personale il denaro ricevuto; quindi di fatto, nel complesso, il disabile deve rendicontare anche il denaro speso per andare a prendere una boccata d’aria o a prendere il pane.  Il che è oggettivamente una condizione di inferiorità non di poco conto.

  Nella proposta di legge in esame, si indica che la rendicontazione avvenga nel mese di gennaio di ogni anno per tutto l’anno precedente.  Si indica la rendicontazione annuale perché le spese di assistenza personale possono variare da un periodo ad un altro nell’arco dell’anno.  Ad esempio, il disabile può desiderare o avere necessità di uscire di più in estate che in inverno.  Oppure in certi periodi dell’anno può dover pagare le ferie ai propri assistenti personali e al tempo stesso retribuire altri assistenti personali in sostituzione.  Oppure ancora, il disabile può aver necessità di andare a determinati corsi, rassegne ecc. in certi periodi dell’anno, e così via.

  C’è poi il fatto che (per esempio perché un’assistente personale si ammala oppure chiede brevi periodi di ferie, o per imprevisti nella vita del disabile, o per esigenze brevissime) a volte il disabile può aver necessità improvvisamente di ulteriore assistenza personale.  In tali casi, è già “fortuna” se è possibile trovare subito assistenti personali adeguati; ed esigere la rendicontazione della spesa può significare chiedere l’impossibile al disabile.  Perciò, in questa proposta di legge, viene stabilito che una parte dell’assegno per l’assistenza personale può non essere rendicontata.

  Inoltre, se ad un disabile vengono assegnate 4 ore al giorno di assistenza personale, è più probabile che abbia necessità di altra assistenza occasionale al di fuori di quella ordinaria.  E, se l’assistente ordinario va in ferie o si ammala per qualche giorno, di sicuro è necessaria una sostituzione.

  Viceversa, se, ad esempio, ad un disabile vengono assegnate 16 ore al giorno di assistenza personale, è meno probabile che gli capitino necessità assistenziali al di fuori di queste ore.  E ancora, con 16 ore di assistenza personale al giorno, di sicuro quel disabile avrà più assistenti personali; quindi, se uno di questi manca per malattia o per ferie, è probabile che gli altri assistenti ordinari possano organizzarsi in modo da essere loro, come lavoro straordinario, a sostituire l’assistente temporaneamente mancante.

  D’altra parte, le spese di mantenimento degli assistenti personali (più difficili da rendicontare) sono maggiori per chi ha più ore di assistenza personale.  Perciò, abbiamo previsto una non rendicontabilità sia in percentuale che in cifra fissa.